mercoledì 2 novembre 2016

Re Umberto II E la Sacra Sindone


Sopravvissero sempre in Umberto la precisione e il gusto del collezionista. Una delle prime imprese a cui si dedicò dopo l'esilio fu la ricostituzione, sulla base di fotografie, della sua raccolta iconografica relativa alla Sacra Sindone, che, ricoverata a Cassino, durante la guerra, era andata quasi interamente distrutta dai bombardamenti. Il Re, pazientemente, setacciò tutti gli antiquari europei, fin quando non rimise insieme i pezzi sopravvissuti.
L'interesse scientifico e la devozione di Umberto per la reliquia legata a doppio filo con il suo casato, riempirono un altro capitolo della sua vita di esule.
Dall' "Archivio del Santo Sudario" continuamente aggiornato da Umberto a Villa Italia, si appende che il 10 giugno 1946, il giorno della famosa strana seduta della Corte di Cassazione, il Sovrano aveva scritto al Cardinale di Torino Maurilio Fossati per autorizzare il ritorno nella Cappella Guariniana della Sindone, trasferita in gran segreto - per proteggerla dalle incursioni aeree - al Santuario di Montevergine, nei dintorni di Avellino, il 25 settembre 1939.
Umberto, negli anni della seconda guerra mondiale, si era tenuto sempre in contatto con i monaci benedettini che nascosero la cassa sotto l'altare. E i primi del novembre 1946 ricevette finalmente, da Fossati, il verbale che attendeva con una certa impazienza. Una sorta di diario dell'insolito viaggio della reliquia, partita in auto da Avellino il 29 ottobre. Poi il 30, alle 14.20, in treno, in un normale vagone letto, da Roma fino a Torino. Dove arrivò all'insaputa di tutti il 31 ottobre alle 11.30.
Umberto archiviò tutto: centinaia di lettere che documentano la sua corrispondenza con sindonologi italiani, spagnoli, francesi, tedeschi e americani; il messaggio del Conte Umberto Provana di Collegno, uno degli ultimi insigniti col Collare dell'Annunziata, che, il 4 ottobre 1971, lo mette al corrente del tentato incendio del Sacro Lino da parte di un maniaco; le autorizzazioni a nuove indagini scientifiche.
Con l'aiuto della Signorina Rabbia, Umberto si attiva instancabilmente perché la Sindone venga "conosciuta e osservata" ovunque.
Nel '64 dona a un museo di Siviglia una foto a grandezza naturale del Sacro Lino.
Contribuisce come può a mostre e seminari. E, contrariamente a quanto suggeritogli dal suo entourage, non si oppone neppure all' "ostensione televisiva della reliquia" nel Salone degli Svizzeri del Palazzo Reale di Torino.
Grazie al suo assenso, per la prima volta, in eurovisione, alle 21 del 25 novembre 1978, precedute da un messaggio di Paolo VI, arrivarono in milioni di case le immagini a colori del misterioso uomo della Sindone.
Il Re chiese solo che le riprese avvenissero "in modo discreto ed ossequioso della SS reliquia".
L' "Archivio del Santo Sudario" tenuto da Umberto, in un certo senso, documenta la beffarda ingiustizia di cui è rimasta vittima il suo illustre conservatore: oggi si tende quasi a dimenticare l'impegno con il quale Re Umberto si dedicò alla reliquia e anche la generosità che lo spinse a lasciarla per testamento alla Santa Sede.
Un gesto coerente, quest'ultimo, con il fervore religioso e la sincera curiosità che fin da ragazzo provo' per la Sindone.
Mai uso', in vita, la reliquia quale fonte di prestigio o vantaggio personale. Affidandola alla Chiesa volle essere sicuro che nessuno mai, dopo la sua morte, l'avrebbe sottratta alla devozione dei fedeli.

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