a cura di Tommaso Romano
Carlo Delcroix
Siamo
monarchici più per la preoccupazione dell’avvenire che per la nostalgia del
passato
Nicolò
Machiavelli
Vedasi (l’Italia) ancora
tutta pronta e disposta a seguire una bandiera, pur che ci sia uno che le
pigli. Dio non vuole fare ogni cosa per non ci torre il libero arbitrio e parte
di quella gloria che tocca a noi.
San Tommaso d’Aquino
Utilius est regimen unius
quam plurimum… omne naturale regimen ab uno est.
Piero Operti
Un presidente non
possiede il potere unificatore e moderatore proprio di un re; la suprema
autorità è una dimensione dello spirito che non può venire conferita da alcun
atto elettorale, e al suo esercizio non esiste titolo più sicuro, più onesto,
più convincente delle eredità.
Clemente
Solaro della Margarita
Coloro che sostengono la
sovranità del popolo cadono nell’assurdo; come può questa averla se nell’atto
di esercitarla si dichiara suddito? Sudditi sovrani, sovrani senza sudditi;
sono idee che ripugnano; il popolo non avrebbe impero che sopra se stesso e lo
perderebbe sottomettendosi all’autorità. L’obbedienza a questa è legge di
natura; né v’ha più falso principio di quello di Rousseau, quando dice che la
sovranità è l’esercizio della volontà generale.
Gioacchino Volpe
Monarchia è
anticlassismo, è popolo, nel significato integrale del termine. Essa, negli
ultimi secoli, si è affermata affrancando ed elevando plebi, contenendo ed
abbassando aristocrazie, eliminando particolari <<libertà>>, cioè
privilegi di nobili, di chierici, di borghesi, rompendo circoli chiusi di
oligarchie cittadine.
Clemente
Solaro della Margarita
Chiunque non sia
ingannato dalle idee di una falsa libertà, o mosso dall’amor di questa per
servirsene di sgabello, a tutt’altro intento, darà sempre preferenza alla
Monarchia.
Clemente
Solaro della Margarita
L’incertezza
dell’avvenire è ciò che vi è di più positivo nelle repubbliche. La quiete e la
sicurezza di cui talvolta si gode possono scomparire all’istante, sol che
vacilli la fermezza di chi regge, o cresca l’audacia di chi alla cosa pubblica
è avverso. Tale incertezza è nelle monarchie minore, più facili i rimedi, più
forza per adoperarli.
Giovannino Guareschi
Perché
sono monarchico? Per ragioni storiche, per ragioni sentimentali, per ragioni
pratiche. Per me un presidente di repubblica è sempre una persona espressa da
un partito e non riuscirò mai a considerarlo al di sopra delle parti. Non potrò
mai ascoltare la sua voce come quella della patria.
Dante
L’uomo necessitò di una
duplice guida, con riguardo al suo duplice fine: da una parte il Sommo
Pontefice che guidasse alla vita eterna il genere umano, conformemente alla
Rivelazione; dall’altra, l’Imperatore che lo indirizzasse alla felicità
temporale in linea con gli ammaestramenti filosofici. Ma, siccome nessuno o in
pochi – e questi con soverchia difficoltà – possono pervenire a questo porto, a
meno che siano sedati i flutti della carezzevole cupidigia e il genere umano
viva affrancato nella serenità della pace, essa è la meta alla quale deve
tendere con ogni mezzo colui che ha cura del mondo, cioè il Principe Romano.
Solo così si potrà vivere liberamente e pacificamente in questa aiola dei
mortali.
Nino Guglielmi
Il
nuovo stato monarchico avrà per fondamento il lavoro e per ordinamento le più
varie forme di autonomia. Volto a proteggere tutti i diritti popolari e tutte
le libertà, esso reprimerà quelle che comunque attentino all’essenza stessa
delle libertà. Teso ad attingere la grandezza e la potenza della nazione, esso
mirerà ad elevare la dignità e ad accrescere la prosperità di tutti i
cittadini, perché le Monarchie, fedeli al principio del Re che regna ma non
governa, più non scontino come al presente colpo di governo e di governanti,
s’impone che più diretti e immediati siano i rapporti tra Re e popolo e che al
Sovrano, oltre a quella sanzionate dal vecchio Statuto, spettino prerogative
nuove come: intervenire con maggiore frequenza nella proposizione delle leggi
onde interpretare e rappresentare sempre più il popolo reale; indire un
Referendum quando giudichi che il voto del Parlamento contrasti la volontà
popolare, sia quando stimi che leggi e trattati, per il loro interesse
nazionale, richiedano la diretta approvazione del popolo. (…). Noi ci battiamo
per il ritorno della Monarchia non solo per ragioni che ad ogni popolo sono
proprie, ma anche ed ancora perché italiani e cattolici. Come italiani perché
la realtà politica dimostra che in Italia la repubblica o è sovietica o è
neoguelfa, e nell’uno e nell’altro caso essa, dipendendo da forze straniere
internazionali o universali, non poggia su basi e motivi nazionali e quindi non
è indipendente. Come cattolici perché passato e presente dimostrano che in
Italia, sede della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, la repubblica o è atea,
cioè sovietica, o è confessionale, cioè neoguelfa, e sia nell’uno e nell’altro
caso necessariamente identifica e confonde i fattori politici con quelli
religiosi, con grave pregiudizio per la coscienza politica e religiosa degli
italiani e con sicuro danno sia per l’Italia, come potenza nazionale, sia per
la Chiesa, come potenza universale. Queste ragioni storiche e politiche,
prossime e remote, dimostrano che l’Italia non può essere veramente libera,
unita e indipendente se non è monarchica e ghibellina. Questi motivi dimostrano
che noi ci battiamo per la Monarchia proprio perché la rivolta spirituale, il
rinnovamento civile e morale, le innovazioni economiche e politiche, la pace
religiosa e la pace sociale, la stessa indipendenza e la stesa unità della
Patria sono indissolubilmente legate al ritorno del Re, alla causa monarchica.
Giovannino Guareschi
Questa bazzecola mi
accadde due anni fa, nel 1964. Era la mattina del 24 maggio e io, come sempre
avevo fatto, inalberai il bandierone tricolore. Poi scesi in strada per
controllare se i pioppi lo nascondessero, nel qual caso avrei tagliato qualche
ramo. Ma non ce ne fu bisogno perché la bandiera si vedeva benissimo e lo
stemmone sabaudo con la sua brava corona risaltava in modo stupendo. Un ometto
magro e occhialuto che aveva fermato la macchina sulla riva del fosso, proprio
davanti a casa mia, per cambiare una ruota, guardò anche lui in su, verso il
balcone del mio studio, e mi domandò con molto susseguo: “Lei non lo sa ancora
che in Italia c’è la repubblica?”. “Sì”, risposi, “lo so ma, per carità di
Patria, fingo di non saperlo.
Giambattista Vico
Poiché nelle repubbliche
libere tutti guardano a’ loro privati interessi a’ quali fanno servire le loro
pubbliche armi in eccidio alle loro nazioni, perché si conservino i popoli vi
surge uno solo, come tra romani un Augusto, che con la forza dell’armi richiami
a sé tutte le cure pubbliche e lasci a’ soggetti curarsi le loro cose private…
e così si salvino i popoli che andrebbero altrimenti a distruggersi (…). Perché
nelle repubbliche libere per portarsi un potente alla monarchia vi deve
parteggiare il popolo, perciò le monarchie per natura si governano
popolarmente: prima con le leggi, con le quali i monarchi vogliono i soggetti
tutti uguagliati; dipoi per quella proprietà monarchica ch’i sovrani, con
umiliar i potenti, tengono libera e sicura la moltitudine… onde le monarchie
sono le più conformi all’umana natura.
Piero Vassallo
Riconoscere
la legittimità del potere e della pace monarchica, accettare la logica
provvidenziale, che reprime i disordini causati dagli egoismi, scandalizza la
mentalità dei moderni, che è corrotta dai sofismi liberali e democratisti. Ma
il movimento moderno è senza pace e senza ordine. È la ripetizione della
parabola di Lutero, il quale, avendo esaltato l’individualismo e screditato le
virtù morali, ha prodotto le rivolte ferine, Munster e Karlstadt, e
simultaneamente la potenza acefala che le spense nel sangue, da Lutero invocate
con parole degne d’una leggenda nera. Il movimento moderno è il liberalismo
libertino, che versò il sangue della nobiltà per esaltarsi nella sanguinosa
<<felicità>> di un De Sade. È il comunismo, che all’istanza
libertaria ha fatto discendere il filo spinato del discorso concentrazioni sta.
È il nazionalsocialismo, che ha mistificato l’istanza d’ordine, per produrre la
spirale di un razzismo contrario alla giustizia e contrario all’ordine. Ora non
si superano queste angoscianti antinomie se non rifiutando, con Vico e con la
tradizione cristiana, le <<malnate sottigliezze>> dei falsi
filosofi e ponendo le ingiustizie al disopra delle illusioni, degli egoismi,
delle opinioni e degli impulsi irragionevoli. L’ordine civile, infatti, non
dipende dall’assenso ma s’impone naturalmente: sia quando gli uomini,
lasciandosi guidare dai segni provvidenziali, vivono secondo la loro nobile
natura, sia quando vivendo contro la natura e la legge indeclinabile, dissipano
e scialano le loro esistenze, così testimoniando la verità e la bontà
dell’ordine stoltamente negato.
Rinaldo Orengo
Espulse dai Cimiteri di
Guerra delle nostre Province d’Oltremare, raccolte in mansueta umiltà dalla
pazienza di questa Italia minore, deposte in un angolo della Penisola non
ancora in procinto d’essere caduto a stranieri come – a quel che pare – la zona
B dell’Istria, le salme dei combattenti che resero degna quell’altra Italia,
quella del Risorgimento, non riposano ancora. Sventola sopra le loro tombe una
bandiera che non conobbero, che non riconoscono. Essi morirono per un’altra;
morirono per la bandiera d’Italia vera e giusta, quella del Regno: bella per il
grande stemma sabaudo che le copriva dignità e forza d’antichissima tradizione,
illustre per le imprese audaci, santa per le gesta eroiche che l’avevano avuta
a simbolo; sacra per il tanto buon sangue che l’aveva segnata nel carisma
incancellabile; indimenticabile per un popolo che non avesse vilmente rinnegato
se stesso: poi che per lei avevano palpitato i più nobili cuori di questa
terra, e nel suo nome quell’Italia che tutti vogliono ora sepolta senza lapide
aveva ancora una volta dato alto segno di sé nel mondo.
Domenico Giuliotti
La rana non può stare
senza la pozza, né la pozza senza la rana, né tutt’e due senza fango. Il libero
cittadino odia il Papa e il Re, le guardie di pubblica sicurezza e i preti.
Egli (la lince!) s’è accorto che dai primi derivano i secondi e che il Medio
Evo c’è ancora. Dunque, Viva la Repubblica! Ma il re costituzionale (vale a
dire il re sconsacrato, il re scoronato, il re castrato) il libero cittadino
non l’odia, lo tollera; lo tollera come uno scaleo, da salir piano, senza
allentarsi, fino alla repubblica del suo cuore. Ciò che il libero cittadino
assolutamente non tollera è il Re per diritto divino, il Re senza aggettivi,
l’apice della piramide con tanto spazio in cima da poterci mettere una seggiola
per le natiche elettive d’uno spidocchiato cialtrone: Ecco l’ideale! Nel
presidente della repubblica il cittadino vede se stesso ingrandito; vede un
potere in suo potere, che muove da basso e s’accoccola in alto e, tuttavia, non
tant’altro da non poterlo, con un fischio, a qualunq’ora, richiamar giù. Dunque
Viva la Repubblica.
Alfredo Covelli
Noi vogliamo la pace e la
sicurezza nell’ordine atlantico e la difesa intransigente dei valori e dei beni
dell’Occidente. Noi vogliamo, per dirla con formula breve, ogni progresso,
anche il più avanzato, anche il più ardito, ma nella libertà e per la libertà:
vogliamo, cioè, tutto quello che è inscindibilmente connesso alla nostra
fedeltà agli ideali monarchici. La Monarchia, la Monarchia costituzionale che
noi invochiamo, è infatti garanzia di democrazia, di libertà, di progresso, di
giustizia sociale, di costume, di rispetto dei valori nazionali, di autonomia,
di sicura coscienza dello Stato: come del resto è nella tradizione.
Marco Tangheroni
I
monarchici – fermo restando che, generalmente parlando, la monarchia è migliore
della repubblica – devono guardarsi dalla rivendicazione di ogni monarchia
esistente nel passato, evitare di difendere ogni politica purché portata avanti
da un re o in nome di un re. Un simile atteggiamento non potrebbe andare separato
(SUPERATO O SEPARATO?) da una mancanza di chiarezza dottrinale e programmatica
(?). Alla serenità e alla profondità del ripensamento nostro, in senso
tradizionale, del passato sono legate l’incisività e la compiutezza della
dottrina politica: difesa delle libertà concrete, lotta per la famiglia,
valorizzazione dei corpi intermedi, sana decentralizzazione, politica sociale
basata sulla proprietà e la corporazione e, con tutto questo, anche la
monarchia.
Rafael Calvo Serer
Non bisogna confondere la
Restaurazione con una considerazione pienamente formalistica della Monarchia.
Una Monarchia liberale, ridotta alla misera funzione di spettatrice della
decomposizione della Società, sarebbe certamente la stessa rivoluzione
mascherata da Restaurazione. Ma non si tratta nemmeno di ritornare alla
Monarchia assoluta, bensì di ricollegarci alla migliore tradizione della
Monatchia cristiana nella quale – come diceva Donoso Cortés, il potere era uno,
perpetuo e limitato, uno personificato nel Re, perpetuo nella continuità
dinastica, e limitato dalla Società con i suoi organismi e diritti naturali.
Giovanni Cantoni
La Monarchia tradizionale
vuole anzitutto le istituzioni che la sostanziano, non una esclusa. La
regolarità, certo, ma anche la pacificazione del rapporto tra le classi
attraverso la corporazione, ma anche l’esistenza ella proprietà privata, come
espressione economica della libertà, ma anche, alla base, la famiglia, perché
alla base della società tradizionale sta la famiglia e al vertice della società
tradizionale perfetta sta la famiglia reale.
Roberto de Mattei
Dire
Restaurazione della Monarchia non basta. Occorre chiarire che Monarchia si
vuole. Viviamo in un mondo di vertiginosi cambiamenti e di trasformazioni in
cui la parola crisi corre continua sulle nostre labbra per indicare uno stato
di squilibrio, di incertezza, di ansia per il futuro. In questo orizzonte
confuso abbiamo bisogno di indicazioni e di certezze a tutti i livelli. E
ciascuno di noi, magari inconsapevolmente, è costretto ogni giorno a
un’interpretazione della crisi del nostro tempo, ciascuno di noi compie ogni
giorno scelte di ogni genere, di ordine culturale, morale religioso, politico,
economico. Non si può isolare il problema politico; figuriamoci allora se s può
isolare un problema come quello istituzionale, è una scelta di sostanza, di
contenuto, è, in una parola, una scelta di civiltà. Quale monarchia dunque? C’è
una prima risposta possibile: quella di chi dice che non si può sognare un
irrecuperabile passato, che non si può intralciare il corso della Storia. La
Monarchia, si dice, deve andare al passo con i tempi, e siccome oggi è tempo di
democrazia e di progresso, la Monarchia deve essere democratica e progressista,
sull’esempio, immancabile, delle Monarchie scandinave. Ma chi è che fa questo
discorso? Generalmente due tipi di persone. Primi: quelli che realmente credono
nella democrazia e nei suoi valori, quelli per cui il Re borghese e democratico
incarna veramente le supreme aspirazioni. Ma per chi crede nella democrazia, e cioè
nel regno del numero e della quantità, e quindi nel trionfo dell’egualitarismo,
dell’uniformità, del livellamento, un Re, sia pure senza corona come quello
costituzionale, non può non apparire una contraddizione in termini. Chi esalta
i sacri principi dell’89 abbia il coraggio e la coerenza logica di accettare la
loro conseguenza storica: la decapitazione del Re e il terrore rivoluzionario.
Altrimenti è una soluzione di compromesso e come tale destinata ad essere
sconfitta dai fatti. Proponiamo questo stesso discorso al secondo tipo di
monarchici democratici, i democratici per forza, i democratici loro malgrado,
quelli che, a differenza dei primi, non credono intimamente nella bontà della
democrazia ma dicono di accettarla perché loro imposta dalla Storia. Le
Monarchie, dicono, possono oggi sopravvivere solo a patto di adeguarsi ai
tempi; è in nome della Monarchia che accettano dunque la democrazia. Ebbene
questi signori dicono di richiamarsi alla storia, ma dalla storia non hanno
appreso nessuna lezione. Perché è stata la storia a dimostrare la precarietà e
la provvisorietà delle monarchie democratiche, veri e propri momenti di
trapasso tra la Monarchia integrale e l’anarchia repubblicana. Le Repubbliche
sono monarchie che si sono arrese, che hanno abdicato cioè alla loro autorità,
e la prima tappa verso la resa, verso la sconfitta totale, è l’ammissione del
principio del compromesso, di quel principio democratico che è opposto e
autentico nella sua essenza a quello monarchico. Questa critica alle Monarchie
democratiche non sottintende, tuttavia, come da alcuni, rozzamente, si vorrebbe
far credere, un’adsione alle Monarchie assolute. Le Monarchie assolute, non
possiamo dimenticarlo, hanno svigorito l’aristocrazia guerriera, hanno
asservito il clero, hanno distrutto con l’industrializzazione e con
l’artificiosa contrapposizione capitale-lavoro, i quadri corporativi. La nostra
Monarchia non è la Monarchia assoluta né la Monarchia democratica, ma quella
tradizionale, organica, rappresentativa.
Henry de la Roche
Jacquelin
Pro Aris Rege et Focis
Roberto de Mattei
Pro
Rege.
Fedeltà a una corona e a una spada, simboli della forza e del potere temporale.
Fedeltà non soltanto a una Monarchia, in tesi la miglior forma di governo
civile, ma a un Rex, a un reggitore, a chi cioè in tempi di oscurità sappia
sollevare una corona e uno scettro che giacciono nella polvere legittimando con
l’esercizio ciò che il solo elemento dinastico non giunge a legittimare.
Carlo VII, Re Carlista di
Spagna
Mantenete intatta la
vostra fede e il culto delle nostre tradizioni e l’amore per la nostra
bandiera. Mio figlio Jaime, o chi mi succeda di diritto sapendo che cosa questo
diritto significa ed esige, continuerà la mia opera. Tuttavia se la dinastia
legittima che ci ha servito da faro provvidenziale fosse destinata ad
estinguersi, la dinastia dei miei amati Carlisti, gli Spagnoli per eccellenza,
non si estinguerà mai. Voialtri potete salvare la Patria come la salvaste col
Re alla testa, dalle orde maomettane e, orfani di monarca, dalle legioni
napoleoniche.
Indro Montanelli
Auguro all’Europa di non
pretendere che tutte le nazioni che ne fanno parte si adeguino a un unico
modello istituzionale: quello repubblicano. Perché mai dovrebbero? È vero che
le monarchie sono le depositarie e il simbolo delle varie identità nazionali.
Ma se l’Europa pretende
di farsi contro queste identità, cercando d’integrarle in un minestrone senza
odori né sapori, andrà incontro a un fallimento dalle cui ceneri potrebbero
anche nascere, per reazione, quei forsennati nazionalismi che hanno provocato
la catastrofe dell’Europa e la perdita del suo primato.
Convertito, non senza
qualche sforzo, all’europeismo, mi auguro che le monarchie che ci sono
continuino ad esserci; che, caso mai, a scomparire fossero le repubbliche.
Purtroppo, come diceva
Mosca de’ Lamberti, cosa fatta capo ha, anche se non ha né capo né coda quella
che si fece in Italia il 2 giugno 1946.
Falcone Lucifero
“La
Monarchia”, ha scritto uno dei più insigni costituzionalisti, “è la tradizione
dello Stato, è la sua unità e la sua storia impersonate dalla Dinastia, è
l’istituto che rappresenta la nazione, la raffigura nel suo passato, la
riassume nelle sue più profonde aspirazioni e necessità nazionali”. Come fu
anche scritto, essa è il vivente simbolo che lega il passato, con la
tradizione, con le sue sventure, le sue glorie, all’avvenire. In Italia
rappresenta inoltre la dignità civile dello Stato di fronte alla grandezza
spirituale della Santa Sede. Essa ha la funzione di porsi arbitra suprema e
regolatrice, non mai parte, nelle lotte feconde delle idee e degli interessi
che si agitano nel popolo, e di essere garante delle libertà delle minoranze e
del loro diritto di diventare con mezzi legali maggioranza. Essa è come la
bandiera che appartiene a tutti e a ciascuno, alla quale tutte le generazioni
attraverso il tempo, al disopra delle divisioni, hanno guardato come al segno
che le rende figlie d’una stessa patria. La nota caratteristica fondamentale
della monarchia è, quindi, la CONTINUITÀ. In uno Stato moderno il pensiero, la
parola, l’azione politica in genere del Sovrano, di rado si manifestano
pubblicamente; quasi mai - se si eccettuano casi straordinari quali ad esempio
il Proclama di Moncalieri di Vittorio Emanuele II e l’intervento provvidenziale
di Vittorio Emanuele III al convegno di Peschiera – come atti personali: la
struttura costituzionale dello Stato moderno comporta l’intervento e la
collaborazione di altri organi collegiali con una concatenazione di
responsabilità che lascia fuori il vertice supremo dell’ordinamento. La
Dinastia Sabauda, le cui radici in Piemonte affondano in un passato dieci volte
secolare, intessuto di dedizione allo Stato, amore del popolo, coraggio ed
onore, ha, cento anno or sono, dato agli Italiani l’unità, la libertà politica
e l’indipendenza dallo straniero; ha condotto il paese sulla via delle riforme
sociali e del suffragio universale; ha completato l’unificazione nazionale
riunendo alla patria Trento e Trieste; ha abbattuto la dittatura che,
attraverso una progressiva usurpazione dei poteri della Corona e del
parlamento, aveva finito con imporre un’alleanza ed una guerra rovinosa.
Walfimaro Fiorentino
La globalizzazione è più
facile quando esiste una volontà egemone ed una disponibilità a lasciarsi
colonizzare; quando esistono società non interessate alla propria storia, ai
propri caratteri, alla propria indipendenza; in queste società l’orgoglio
nazionale è spento; al massimo si manifesta il fastidio per il forestiero che
viene a toglierci qualcosa; e poco importa se sia extracomunitario o
meridionale.
Ecco l’importanza della
Monarchia. Restituire al Paese non soltanto la dignità, l’efficienza, ma
soprattutto l’identità, che ci consenta di difendere i caratteri della nostra
cultura e della nostra storia, senza farci scadere in atteggiamenti di razzismo
e intolleranza.
Ed è la Monarchia la
risposta ai rischi della globalizzazione, che ci sono e sono gravi ed
incombenti; non l’integrazione europea, che, se non filtrata attraverso la
tutela della storia dei diversi popoli e dell’autonomia degli Stati, può
rappresentare un pericolo ancora maggiore, in quanto fase intermedia ed
accattivante della stessa globalizzazione.
Pietrangelo Buttafuoco
L’anima di Umberto si
aggira elegante e caritatevole dentro al Pantheon. In piedi certamente, dietro
a tutta quella bella gente che segue la celebrazione della pietà cristiana. In
verità l’ho visto. Proprio dietro a tutta quella gente venuta per pregare. Re
solitario e malinconico, come un sovrano di poeti, un capo dei ragazzini, lui
che è solo un figlio devoto di una terra massacrata. Era come assorto nella
meditazione di un futuro ancora cieco. In verità lo vedo, dentro l’agorà del
Pantheon. Richiamo me stesso all’ordine di fronte allo sguardo di sua maestà.
Avete letto il libro “Cuore”? Come doveva essere quella guancia toccata dalla
mano stretta fra la stretta dei re? Una benedizione, un occhio di pace. Come
accade nella mia terra rotolata nel grano e nel sole, sulle nuvole dei soffitti
barocchi, dove dall’alto tutti i re e le regine guardano la devozione dei
picciotti. Come una benedizione, come un occhio di pace. Eppure che schifo
fuori, dove c’è l’Italia di ogni giorno, dove arriva la digestione di mezzo
secolo repubblicano. Uno schifo senza appello. Come tutto ciò che galleggia
fuori dal tempio, lontano dalle colonne. Vossiabenedica, maestà.
Giuseppe de Rita
(…) Due sole istituzioni
(Monarchia inglese e Chiesa Universale) hanno attraversato i secoli.
Eppure, a ben vedere,
sono proprio quelle due istituzioni che mostrano oggi una insospettata capacità
dinamica. Esse, che nel passato ci hanno insegnato, che solo il riassorbimento
degli eventi, la continuità, la tradizione fanno storia, sono oggi proprio loro
che sembrano propense a ragionare in termini di discontinuità, giocandosi il
futuro sulla gestione delle emozioni collettive più che sul consolidato
rispetto dell’arcano imperio dell’istituzione.
Non so se l’istituzione
Chiesa sfrutterà questa congiuntura storica per rafforzare la propria presenza,
il proprio ruolo, i proprio potere. Così come non so se l’istituzione Monarchia
inglese riuscirà ad adattare i suoi sentimenti al variare del sentire
collettivo. Quel che è certo è che, malgrado le apparenze, i processi di
cambiamento strutturale sono oggi affidati non alle emozioni e agli eventi, ma
alla intelligenza delle istituzioni di far fronte agli eventi e alle emozioni,
anche se di enorme impressività. La continuità finisce per essere più
innovativa delle istanze nuoviste, specialmente se le istituzioni sanno
equilibrare il coraggio di avere al centro orgogliosa continuità (non ci
saranno, per fare un esempio, elezioni di piazza o mediatiche per i successori
di Papa Woityla e di Elisabetta Seconda).
Verrebbe
voglia di mettere in relazione questa riflessione con la realtà istituzionale
italiana (…). Credo che le valutazioni che si potrebbero trarre sarebbero non
del tutto gioiose: non tanto pensando al nuovismo in cui si è espressa la
nostra “società del sentire”, ma pensando alla pratica inesistenza attuale di
una cultura politica capace di creare, per dirla con Bobbio, quel 2campo
retorico” che solo permette di fare impasto fra emozioni collettive ed
istituzioni di governo.
Juan Carlos I, Re di
Spagna
Oggi, l’istituzione
monarchica può essere utile alla società solo nella misura in cui è accettata
da tutti o dalla schiacciante maggioranza dei cittadini. Per questo, oggi, la
monarchia può essere unicamente democratica e parlamentare. È un’istituzione
molto antica, storica, che si nutre dell’eredità del passato per migliorarlo
(…). Il senso di questa istituzione consiste nell’agire con quel senso
dell’onore e del dovere che sono il presupposto del saper servire tutti gli
spagnoli, dell’essere utile a tutti. La monarchia non possiede certo bacchette
magiche per risolvere i problemi. La soluzione consiste semmai nell’applicare,
all’interno della carta costituzionale, criteri di tolleranza e di concordia.
Ma sempre nell’ambito delle accettazioni delle istituzioni. La monarchia non
può essere utile alla società se non a queste condizioni (…). Rappresenta
valori permanenti. Questa è una delle caratteristiche dell’istituzione
monarchica: delineare una visione differente delle cose, a più largo raggio. Il
dovere della corona è, prima di tutto, morale, dev’essee attenta a non
danneggiare nessuno, nessun gruppo o nessun componente della società spagnola.
Questa “apertura” del re a tutti gli spagnoli è la condizione essenziale
dell’esercizio della funzione reale: mantenere la coesione e l’integrità della
società.
Aldo A. Mola
(…) Fu già Montesquieu a
individuare nell’onore il caposaldo della monarchia. Il Re, infatti, è fons
honorum. Per esserlo deve però egli stesso porsi – ed essere riconosciuto –
quale sintesi ed espressione perpetua di regalità, inscindibile dalla sacralità
che è fondamento del carisma. Dal sovrano, in altre parole, non ci si attende
che sia buono, democratico, simpatico,… o addirittura alla mano. Dal re ci si
attende che sia regale. Tanto più da quando l’istituto monarchico da assoluto (cioè
sciolto da ogni vincolo esterno alla volontà intima del sovrano) si volle
statuario, ovvero fondato su un patto stabile e quindi immodificabile nei suoi
principi fondamentali. Proprio per garantire l’ordinario adeguamento del patto
originario con l’evoluzione dei tempi – come appunto accade nel corso della
storia d’Italia, incardinata sulla flessibilità dello Statuto di enunciati
statuari non essenziali per la monarchia: valga il caso, ben noto, della
sostituzione della bandiera sabauda con il tricolore nazionale – divenne
d’importanza vitale la saldezza della regalità, quale termine di confronto e
riferimento della classe dirigente della società.
Aspetto
centrale di tale processo fu l’evoluzione degli Ordini propri della tradizione
dinastica, arricchiti, nel tempo, dal loro conferimento oltre i vincoli
originari: e quindi a prescindere da requisiti confessionali o di natali. Non
ne derivò affatto un imborghesimento della regalità ove per tale s’intendesse
un suo appiattimento su principi estranei alla tradizione. Al contrario: la
Corona accentuò il suo ruolo carismatico e pedagogico nei confronti della
società, il suo vero e proprio Magistero etico e storico. Il conferimento di
onori ai cittadini, quali ne fossero le condizioni originarie e le credenze, non
comportò affatto una diminutio di regalità. Questa divenne anzi principio di
riferimento per una cerchia sempre più ampia di cittadini pleno jure e si
risolse in rafforzamento della monarchia 2per volontà della nazione”, come
appunto enunciato dallo statuto. Una nazione bisognosa di un Re, non certo di
un “travicello” ostaggio di “cortigiani” privi di carismaticità.
Roberto Pazzi
(…) Sono fedele a una
poetica dell’assoluto e quindi non mi riconosco nella realtà di oggi il cui
simbolo è la “repubblica”, ma nella monarchia come mito. La mia monarchia è una
visione mitica, simbolica che contrappongo alla realtà. Facendo l’equivalenza,
monarchia-simbolo e archetipo, repubblica-realismo, io sono monarchico. (…). In
un mondo come il nostro i simboli ancorati al passato sono positivi, perché
invitano ad una visione scandalosa della realtà. Sono convinto che la
genialità, la bellezza, a volte anche la ricchezza eccezionale, siano sì doni
necessari per la felicità di ognuno di noi, ma anche altamente ingiusti. Sono
dei privilegi: non possono essere di tutti. Non si può diventare belli, non si
può diventare geni o eccezionalmente intelligenti se non si nasce. Ci sono
nella vita cose altamente ingiuste che io chiamo privilegi monarchici: la
monarchia è il simbolo di una condizione della felicità. La condizione della
felicità è monarchica, non repubblicana. È di natura, non di cultura: si nasce
con le attitudini ai grandi doni della vita. Il Presidente della Repubblica,
sotto questo punto di vista, è altamente impoetico, perché è l’uomo comune.
(…). La regalità è sempre stata così: sempre il balcone di palazzo reale ha
richiesto le folle. E che sia vero che questa esigenza si annidi nella psiche
di uomini moderni e non sia solo una prerogativa dei sudditi inglesi lo dimostra
il fatto che la regalità oggi è andata a cacciarsi in ben altri tristi emblemi
della nostra società: il calciatore famoso, la cantante di grido, l’attrice che
racconta gli amanti. Che cosa sono queste cose, se non pallide e miserevoli
supplenze di un’esigenza archetipica di assoluto?
Giampaolo Pecori
Gli Stati monarchici
costituzionali si rivelano i maggiori garanti dei principi liberali contro la
nuova spinta al positivismo giuridico (intervento del legislatore indifferente
alla norma naturale), di cui l’Italia ha vissute di recente le tristi
conseguenze. La libertà del cittadino viene riconosciuta da queste Costituzioni
in maniera pressoché assoluta, con la massima tutela del diritto di proprietà,
come nell’autonomia normativa negoziale delle parti libere nella scelta dei
loro fini. Ciò pone le monarchie europee in una posizione di perfetta
centralità giuridica , e quindi politica, equidistante da ogni ideologia di
partito costruita a priori e sovrapposta allo Stato per dominarlo, si tratti di
indirizzo socialista come nazionale-corporativo, altrettanti valori contingenti
e di comodo della vagheggiata <<funzione sociale>>.
Franco Mattavelli
Siamo accusati di essere
dei romantici facenti parte dell’estrema destra. Sia chiaro che noi monarchici
siamo la destra, il centro e la sinistra. Il Re è di tutti ed è al servizio
della verità, della giustizia, dell’onestà per il solo interesse della Nazione
e del suo popolo.
Entriamo nel gioco delle
parti e potremo creare i presupposti per il ritorno.
Carlo Santacolomba
Voi nel Re riconoscete
l’ombra di Dio; io riconosco in Dio l’istitutore dei Re (…). Il Sovrano sia
l’Unto del Signore, e che sia un personaggio tutto sacro, niente profano, anzi
del Santuario vero Sostenitore e Custode, e per la Monarchia Magistratura, e
per protezione delle canoniche regole.
Nicola Spedalieri
La religione regola i
diritti della sovranità.
Michele Federico Sciacca
La democrazia non può non
culminare in un’istituzione che impersoni tutti i valori del cittadino nella
loro continuità storica e questo istituto è la Monarchia e soltanto la
Monarchia (…). [2° Istituto Monarchico è] contrario ai privilegi, alla
reazione, antisovversivo e genuinamente conservatore dei lavori che meritano
essere conservati attivi e vivi.
Pierre Boutang
Alle
Monarchie erano succedute delle dittature o tendevano a sostituirvisi dove esse
non potevano più esercitare le proprie naturali funzioni. Una Monarchia che
cade non apre mai la strada ad una pacifica democrazia, ma alla dittatura.
Nella realtà anche le dittature sono delle monarchie. Sono delle forme diverse
e provvisorie di uno stesso principio. All’autorità si sostituisce la forza;
all’ordine naturale, l’ordine coatto. Quando preminenti spinte centrifughe
hanno distrutto gli elementi coesivi di un popolo, quando, caduta l’autorità
dello Stato, vien meno il centro propulsore della vita associata, si
autodetermina la necessità di sostituire ai vincoli spezzati altri nuovi e più
efficaci. La differenza consiste nel fatto che mentre i primi agiscono dall’interno,
si generano nell’istituto e nella coscienza di ciascun individuo, i secondi
operano dall’esterno. Alla spontanea accettazione subentra la coercizione, al
dovere liberale assunto succede l’imposizione violenta e arbitraria. Mai, più
fragili legami hanno stretto gli individui di una stessa nazione: al senso del
dovere e all’istintiva solidarietà delle monarchie. Quindi alla forza coattiva
delle dittature si è sostituito il vincolo della somma meccanica dei voti, il
senso dello Stato è andato completamente smarrito: tanto è vero che oggi si
confonde lo Stato con l’amministrazione demaniale. Esso ha perduto ogni
significato trascendente, ogni senso morale e spirituale. Non è quasi più
possibile scindere due concetti di Stato e Governo, poiché le due entità si
sono quasi confuse nella stretta soffocatrice della onnipotenza burocratica
(…). È evidente che i principi basilari su cui poggia la vita associata sono
venuti meno in modo pauroso nell’istinto e sulla (O NELLA?) coscienza degli
uomini. Centocinquanta anni di preminenza del pensiero razionalista e
democratico hanno portato a questo risultato: che si sono distrutti gli
istituti fondamentali sui quali si reggono le società politiche, ma soprattutto
si sono demoliti negli individui i principi dai quali questi Istituti
ricevevano forza e autorità (…). La storia non è la storia delle grandi
individualità politiche, come ha proclamato il Romanticismo, ma dei sistemi,
degli istituti, del lavoro nascosto ma efficace di intere generazioni di medie
personalità che hanno successivamente governato, elevato e ingrandito
l’edificio entro cui ha vissuto e prosperato una società, un popolo, una
Nazione. Mai vi è stato smarrimento come ora, ora che dopo una così lunga
esperienza si rivelano sempre più dannose e letali le dottrine politiche che
avevano garantito la felicità terrena, il progresso sociale perpetuo, la
giustizia e la libertà, per tutti i secoli (…). Si è perduto il senso della
continuità della vita attraverso le generazioni, si è smarrito il senso del
generale per considerare solo il particolare. Non basta ricostruire lo Stato
come forza coercitiva, per sfuggire alla dissoluzione e degenerazione politica.
Occorre ristabilire la stabilità, la continuità e l’autorevolezza dello Stato
affinché serva i cittadini invece di servirsene, affinché l’ordine coincida con
la giustizia. Quando ciò sarà entrato nella convinzione di tutti, le Monarchie
ritorneranno con le loro vere funzioni. L’antitesi non è fra dittatura e
democrazia, tra forza e disordine, ma tra autorità e arbitrio, tra l’ordine
naturale e coazione artificiosa, che è poi l’antitesi alla Monarchia, la quale
si regge sul naturale consenso popolare, e la repubblica, la quale il più delle
volte nasce dall’equivoco e si perpetua nel pregiudizio.
Leka I, Re di Albania
Se il popolo deciderà di
sostituire la Costituzione del 1928 con una nuova e ancora da scrivere, io
tornerò nel mio paese da privato cittadino e contribuirò agli sforzi del mio
popolo di costruire una società libera e stabile. Se esso deciderà di ristabilire
la Costituzione del 1928 e di ridare vita alla continuità e alla legittimità,
io accetterò la pesante responsabilità che essa metterà sulle mie spalle. Come
Re degli Albanesi io non posso ridarvi i vostri soldi, ma posso ridarvi il
vostro Paese.
Amedeo di Savoia, Duca
d’Aosta, viceré d’Etiopia
La forza è un mezzo, non
un fine. Ciò che occorre è ottenere il consenso, altrimenti non si mantengono
gli Imperi.
Michele Federico Sciacca
La Monarchia non è la
volontà di tutti, ma la volontà di ciascuno nell’unità di tutti.
Silvio Spaventa
Non democratizzate la
Monarchia e le istituzioni se non volete distruggere quella e corrompere
questi.
Mohammad Reza Pahalavi,
Scià di Persia
Nessun popolo può vivere
nel passato, ma non può nemmeno vivere senza il suo passato. Se nulla lo
collega più alla propria storia è destinato a sparire.
Antonio Capece Minutolo
di Canosa
Il chiamare privatamente
a sé il Sovrano snerva l’energia dei sudditi, togliendo quella politica
reazione in cui consiste la vita degli Stati: il mutare similmente l’ordine
antico delle cose per un principio di novità e dare agli uni le incombenze
degli altri produce lo stesso infausto effetto: il chiamare tutto alla
Capitale, indi alla Corte, ed in seguito nella propria Persona divora la Monarchia,
non altrimenti che viene l’uomo distrutto dall’idrocefalo, segue lo stesso
quando non conosce il Sovrano la propria autorità, situazione, amore dei
popoli, sicurezza e non sicurezza: che però quando i Grandi non sono nella
massima venerazione presso il Popolo, quando gli onori sono prodigati ai vili
ed alla canaglia, quando è nell’animo dei sudditi estinto ogni amore nazionale,
onde le generose azioni per secondari fini si eseguiscono, tutto accresce il
Potere del Principe, ma ne sfianca il fondamento.
Renè Guénon
[Il Re Sacerdote]
designa, in realtà, un principio, l’Intelligenza cosmica che designa la Luce
spirituale pura e formula la Legge (Dharma) propria della condizione del nostro
mondo e del nostro ciclo di esistenza; ed è, al tempo stesso, l’archetipo
dell’uomo considerato specialmente in quanto essere pensante.
Pedro de Ribadeneira
Affinché nessuno pensi
che io respingo ogni ragione di Stato (come se non ce ne fosse alcuna) e le
regole della prudenza con le quali, oltre all’aiuto divino, si fondano, si
migliorano, si governano e si conservano gli Stati, dico subito che esiste la
ragione di Stato e che tutti i Principi debbono sempre averla davanti agli
occhi se vogliono sapere governare e conservare i propri Stati. Ma occorre
ricordare che non esiste una sola ragione di stato ma due: una falsa ed
apparente, l’altra certa e divina, una che dello Stato fa religione, l’altra
che della religione fa Stato, una insegnata dai politici e fondata sulla vana
prudenza e su mezzi umani e vili,l’altra insegnata da Dio, che si basa sullo
stesso Dio e sui mezzi che Lui con paterna Provvidenza dà ai Principi insieme
alla forza di ben usarli, come Signore di tutti gli Stati.
Sergio Boschiero
L’Italia ha bisogno di un
Re liberatore e pacificatore, presidio delle libertà, simbolo dell’unità e
delle autonomie, garante delle nostre identità e difensore della Nazione dai
pericoli delle vecchie e nuove oligarchie. La luce della Corona illumina il
cammino del nostro popolo nell’oscurità della presente decadenza morale e
civile e alla fine di qwuesto percorso incontrerà il Re necessario.
Aimone di Savoia
Le Monarchie tutelano le
identità nazionali minacciate da una globalizzazione XXXX e dai poteri
oligarchici.
Alessandro Manzoni
Quando sarò molto forte
voi quello che facevo io ogni giorno, pregate Dio per l’Italia e per il Re.
Aimone di Savoia
I valori tramandati di
generazione in generazione, le esperienze, le attitudini acquisite e quelle
genetiche di una stirpe, possono oggi avere una valenza vera ed essere riconosciuta
dai popoli.
Tolkien
Questo è il tuo Regno
cuore del più grande Regno avvenire. La terza era del mondo è finita e una
nuova era è cominciata, ed è tuo compito ordinare il principio e conservare ciò
che va conservato […]. Le mani del Re sono mani di guaritore?
Giorgio Cuceretrentoli di
Monteloro
Monarchici
intransigenti eravamo, e monarchici nel senso più assolutpo della parola siamo
restati davanti agli insegnamenti della Storia e davanti all’evidenza dei fatti
che sconvolgono le società, l’Italia e il mondo. Ma il nostro credo monarchico
si è irrobustito con le linfe della Tradizione. Abbiamo smesso di lacrimare
davanti ai ritratti degli illustri personaggi, che rimangono pur tuttavia dei
simboli e dei ricordi indimenticabili, per meditare con una maggiore profondità
sulle cause, o meglio sulle origini dei mali che affliggono l’epoca nostra. È
questa una cosa che dovrebbero fare tutti i monarchici, ma specialmente i
giovani, se intendono battersi ancora con l’arma della persuasione e del
raffronto per qualche cosa di valido; temperando però quest’arma con lo studio
e la ricerca della verità alla fiamma di quei valori eterni della Fede
cattolica e della Tradizione senza i quali non è che vano errore. Senza i quali
non può esistere una vera civiltà, sia pure rinnovantesi in un auspicabile
progresso – morale e materiale – ordinato e costante.
Juan Donoso Cortes
La base di tutti i nostri
errori, o signori, sta nel fatto che voi non sapete in che direzione sta
andando il mondo. Voi credete che la civiltà e il mondo progrediscano, mentre
l’una e l’altra stanno semplicemente trasformandosi. Il mondo, o signori,
procede a grandi passi verso l’istituzione del degotismo??? più grande e più
oscuro che sia mai esistito a memoria d’uomo. Questa è la meta della civilizzazione,
questa è la meta del mondo. Per potere predire tutto ciò non occorre essre
profeti.
Guglielmo Ferrero
Lo Stato moderno è troppo
forte: ha troppo denaro, troppi soldati, troppi giudici, troppe leggi, troppi
scribi, troppi servi di alta e bassa livrea. Gli manca invece l’autorità: ossia
il prestigio e il rispetto, perché gli mancano la saggezza, la dignità, la
rettitudine, l’intelligenza, la giustizia.
Salvador Dalì
Sono sempre stato
monarchico e nello stesso tempo anarchico. Monarchico affinché la nostra
anarchia, quella in basso, sia proiettata dall’ordine dell’alto.
Giovanni D’Espinosa
In una prospettiva
ideale, paradisiaca, c’è concordanza assoluta tra le volontà poiché tutte
coincidenti con quella di chi persegue il bene assoluto. In tale dimensione –
se ci è concessa la volgarizzazione del concetto – democrazia e monarchia
assoluta coincidono senza residui. In una situazione reale, invece, tale
traguardo è ben lontano dall’essere raggiunto. Occorre, pertanto, la mediazione
di un’autorità – quella del Sovrano – la quale faccia da tramite tra volontà
particolare e volontà assoluta al fine di adeguare sempre più la prima alla
seconda.
Achille Lauro
Io sono monarchico per
convinzione e per educazione, non solo perché S.M. Vittorio Emanuele, il Re
soldato, mi aveva onorato della sua simpatia e della sua fiducia. Quando, in
Italia, in seguito alla dolorosa disfatta, tutto sembrava crollare, io vedevo
nella Monarchia la sola istituzione nazionale veramente legittima. La politica
era guidata dai vincitori della guerra, le elezioni erano falsate
dall’esclusione di milioni di voti (quelli dei prigionieri di guerra che non
erano tornati, quelli di coloro che erano rinchiusi nei campi di
concentramento, quelli di coloro che erano nascosti e braccati dalle
innumerevoli polizie, quelli dei tristini e via dicendo) e inoltre vigeva nel
paese un terrore antifascista che falsava le cose. Solo S.M. il Re sedeva
legittimamente sul trono e proprio per questo le segreterie dei partiti
volevano mandarlo via, specialmente le sinistre che pensavano fosse giunta
l’occasione di fare dell’Italia una repubblica <<popolare>> agli
ordini di Mosca.
Pucci Cipriani
Il ripudio della
Monarchia tradizionale e dello Stato organico e cristiano, che essa presuppone,
porta inevitabilmente all’accettazione o dello Stato etico o dello stato
agnostico. Lo Stato etico, divinizzato e panteista, è propriamente il moderno
Stato totalitario, onnipotente e onnicomprensivo, concepito come fine e non
come mezzo per la realizzazione del vivere civile. (…). Quanto al modello di
stato propugnato dal liberalismo della scuola di Munchester, esso si riduce ad
una pura finzione giuridica e ad una funzione amministrativa. (…). Riproporre
la Monarchia cattolica quale forma attuabile di governo, sia pure con i dovuti
aggiornamenti, richiesti dalle mutate condizioni storiche, non significa
affatto volere la costituzione di uno stato “clericale” o di una organizzazione
tirannica e arbitraria della “società”, come spesso essa si rivela invece non
soltanto nelle dittature comuniste, ma anche nelle democrazie occidentali,
anticristiana e fondamentalmente totalitaria (cfr. Gianfranco Morra).
Sottoporre l’attività legislativa di uno Stato al rispetto dei principi
cristiani, desiderare una società gerarchica basata sull’ordinamento naturale,
rifiutare la soppressione di ogni superiore vincolo etico nell’attività
politica e l’artificiale ed impossibile separazione della religione dalla
società civile, nella consapevolezza che il cristiano non ha soltanto una
dimensione personale, ma ne possiede una anche sociale, non vuole dire affatto
auspicare un’influenza diretta delle gerarchie ecclesiastiche negli affari
interni di uno Stato. Troppo spesso si fa confusione tra separazione” e
distinzione” delle funzioni dello Stato e di quelle della Chiesa. Quanto
all’organizzazione sociale, Monarchia cattolica sottintende principalmente
l’idea organica dello Stato. In contrapposizione alla democrazia livellatrice
ed egualitaria, e perciò, nella sua essenza, totalitaria ed inconciliabile con
il libero ed armonico sviluppo della personalità, lo Stato organico si fonda
sulla ferma validità dei ceti e dei corpi intermedi, sul decentramento
amministrativo e sul rispetto delle tradizioni locali, unica ed autentica
garanzia contro le degenerazioni dell’autorità e l’isolamento reciproco
dell’individuo e del potere. La Monarchia tradizionale non rifiuta neppure il
suffragio universale, ma piuttosto lo riporta alla sua naturale funzione di
rappresentanza.
Hans Sedlmayr
La nostra società vive in
sostanza solamente dei pochi che hanno il coraggio di guardare la realtà e di
proclamare la verità, anche se entrambe sono contro l’illusione e contro la
menzogna del tempo.
Giuseppe Baraldi
Uno spirito di falsa
filosofia sin dalla metà del secolo XVIII aveva cominciato a penetrare anche in
Italia e la Religione ebbe a provarne i più luttuosi effetti, che ricaddero poi
sugli Stati tutti all’epoca della Rivoluzione francese. Molte novità religiose
e fatali agl’interessi stessi de’ Principi e de’ Popoli cominciarono ad aver
voga anche in Italia, e fu tale l’arte e l’intrigo degli empi che anche i
Principi buoni e ben intenzionati vi prestarono incautamente il loro braccio e
potentemente cooperarono alla ruina universale.
Francesco IV Asburgo
d’Este, Re di Modena
Raccomandiamo
in primo luogo all’Altissimo Noi stessi riuniti ai nostri cari sudditi, acciò
si degni accordarci la grazia di conservare un inviolabile attaccamento ai
principi della nostra santa Religione Cattolica e osservare fedelmente i suoi
precetti, come le basi sulle quali crediamo che debba essere stabilita ogni
umana società.
Francesco II di Borbone,
Re delle Due Sicilie
Se l’autorità ritorna
nelle mie mani, sarà per tutelare tutti i diritti, rispettare tutte le
proprietà, garantire tutte le persone e le sostanze dei miei sudditi contro
ogni sorta di oppressione e di saccheggio. E se la Provvidenza nei suoi alti
disegni permette che cada, sotto i colpi del nemico straniero, l’ultimo
baluardo della monarchia, mi ritirerò con la coscienza sana, con incrollabile
fede, con immutabile risoluzione; ed aspettando l’ora inevitabile della
giustizia, farò i più fervidi voti per la prosperità della mia patria, per la
felicità di questi Popoli, che formano la più grande e più diletta parte della
mia famiglia.
Guido De Giorgio
Non proponiamo una nuova
filosofia, una nuova arte, una nuova vita, ciò che avrebbe un ben scarso
interesse in questa fucina di novità clamorosamente vuota e artificiale che è
l’Europa moderna, anzi rifuggiamo assolutamente da ciò che dicesi comunemente
“originale”, “personale” (…). Noi proponiamo ciò che è più vecchio del mondo,
il ritorno allo spirito tradizionale (…). Questo ritorno significa per noi
coscienza dell’ordine divino, riassetto di una società tradizionale secondo il Regnum e l’Imperium, l’autorità spirituale e il potere temporale armonicamente
sviluppatisi nello stesso ambito tradizionale.
Santa Maria Cristina di
Savoia, Regione delle Due Sicilie
Se cercherai il vantaggio
del popolo, sarai un buon re da tutti amato.
Carlo Alianello
Altri combattono e
muoiono per una conquista, una terra, un’idea di gloria, per un convincimento
magari o un ideale, ma noi moriamo per una cosa di cuore: la bellezza. Qui non
c’è vanità, non c’è successo, non c’è ambizione. Noi moriamo per essere uomini
ancora. Uomini che la violenza o l’illusione non li piega e che servono la
fedeltà, l’onore, la bandiera e la Monarchia, perché son padroni di sé e
servitori di Dio.
Calonne
Rispettate innanzitutto
il trono, non avete sufficiente carattere per essere repubblicani e il primo
passo che farete verso la libertà originaria vi farà piombare nella schiavitù.
Augustin Barruel
Questa Rivoluzione fu
meditata da molto tempo in Francia da uomini i quali, sotto il nome di
filosofi, sembrano aver avuto la missione di rovesciare da una parte il trono e
dall’altra l’altare.
Francesco II di Borbone,
Re delle Due Sicilie
Che non s’illudano i
Governi: la Religione è elemento di ordine e di forza; senza religione non v’ha
progresso civile. I più vasti Imperi caddero allorché persero ogni credenza!
L’impero dei Santi sopravvenne e la mollezza e la depravazione si diffusero.
Corrompete i costumi e imperate, pure fosse la filosofia del nostro progresso:
le conseguenze potrebbero essere le stesse.
Francesco II di Borbone,
Re delle Due Sicilie
Sono
un Principe vostro, che ha sacrificato tutto al suo desiderio di conservare la
pace, la concordia, la prosperità tra ’ suoi sudditi. Il mondo intero l’ha
veduto: per non versare il sangue ho preferito rischiare la mia corona.
Piero Operti
Quella virtù che era
stata creata dalla Monarchia, la quale nel corso di lunghi secoli aveva educato
le generazioni al sentimento dell’onore, alla disciplina civile, all’equilibrio
fra diritti e doveri. Con la sua sola presenza il Re attestava l’esistenza di
una gerarchia funzionale e di un ordine etico. La Monarchia era una sorgente
assidua di energia spirituale, una sorta di disinfettante atto a neutralizzare
la corruttibilità della natura umana.
Ernest Rénan
La Monarchia, legando gli
interessi di una nazione a quelli di una grande famiglia, costituisce il
sistema di maggior vigore per una nazione. La mediocrità possibile, per quanto
non probabile del Sovrano, non ha in tale sistema che deboli inconvenienti.
Robert Senelle
L’importanza del ruolo di
un Sovrano costituzionale non risiede affatto, in effetti, nell’azione diretta
sul piano politico. Arbitro imparziale e guardiano delle legalità, la sua
importanza risiede soprattutto nell’influenza moderatrice che Egli può
esercitare in seno all’Esecutivo.
Renè de Chateaubriand
Bisognerà conservare
l’opera politica che è risultata dalla rivoluzione ed è consacrata dalla carta,
ma estirpare la rivoluzione dalla sua opera in luogo di rinchiudervela.
Bisogna, per quanto è possibile, mescolare gli interessi ed i ricordi
dell’antica Francia con la nuova, invece di separarli o incarnarli negli
interessi rivoluzionari… così, io voglio tuta la Carta, tutta la libertà, tutte
le istituzioni portate dal tempo, dal mutamento dei costumi e dal progresso dei
lumi, ma con tutto ciò che non è perito dell’antica monarchia, con la
religione, coi principi eterni della giustizia e della morale.
Lamartine
Questo secolo segnerà la
data della nostra duplice restaurazione: restaurazione della libertà per il
trono e del trono per la libertà.
Lord Acton
Dove la società è
costituita senza eguaglianza di condizioni o unità di razza, dove vi sono
classi diverse e varietà nazionali, si rende necessario un protettore, nella
forma di un governo che deve essere distinto e superiore ad ogni classe, e non
lo strumento di una di esse, in un’autorità rappresentante lo Stato, e non
qualche porzione della società. Ciò può essere fornito solo dalla Monarchia; e
in questo senso è giusto dire che il governo costituzionale, cioè l’autorità
della legge in quanto distinta dall’interesse, può esistere solo sotto un re.
Questa è la ragione per la quale perfino le monarchie assolute hanno governato
le loro colonie meglio dei governi popolari.
Georges Bernanos
Nessun uomo del Medioevo
dubitò mai che un Re giusto fosse superiore a un Re prudente… un Re è per me il
primo servitore dello stato, il protettore del Popolo contro le potenti
oligarchie: ieri feudali, oggi dei trust.
Walter Bagehot
La monarchia è una forma
di governo, nella quale l’attenzione della nazione si dirige verso una singola
persona, che fa cose interessanti. La repubblica è una forma di governo, nella
quale l’attenzione si divide tra una serie di persone, le quali fanno tutte
cose non interessanti.
Herbert Eisenreich
[La Monarchia è] il mezzo
di salute omeopatico o almeno la profilassi contro il pericolo della dittatura.
Lord Attle
La monarchia attira verso
di sé il senso del lealismo e sotto una monarchia costituzionale vi è assai
meno pericolo che un popolo possa essere trascinato nel suo entusiasmo da un
Hitler. Il governo della Regina è un governo stabile e un cambiamento di un
leader non diviene causa di turbamenti, poiché il governo della Regina
continua. Rappresenta un serio inconveniente il riunire in una sola persona e
il simbolo della nazione e il capo di un partito; è impensabile che un Sovrano
inglese possa farsi dittatore, mentre ad esempio ciò è possibile per il
Presidente degli Stati Uniti d’America.
George Friedrich Hegel
La sovranità, da prima
soltanto concetto universale di
questa identità, esiste soltanto come
soggettività certa di se stessa e
come autodeterminazione astratta – e,
pertanto, priva di fondamento – della volontà, nella quale si trova l’estremo
della rivoluzione. È questa l’individualità dello Stato in quanto tale; il
quale esso stesso, soltanto in ciò è uno.
Però, la soggettività è nella sua verità in quanto soltanto soggetto; la personalità è soltanto in
quanto persona e ciascuno dei tre
momenti del concetto ha il suo aspetto separato per sé, reale, nella costituzione sviluppata a razionalità reale.
Questo momento assolutamente decisivo della totalità non è, quindi,
l’individualità in generale, ma un individuo, il monarca.
Umbero II di Savoia, Re
d’Italia
La Monarchia fa del Capo
dello Stato un potere autonomo, che nulla deve ai partiti per l’origine della
propria autorità e che appunto per questo rimane equidistante da tutti. Poi la
Monarchia suscita legami affettivi familiari, che rendono il senso dello Stato
più intimo, più facile a stabilirsi nelle coscienze.
Giacomo Leopardi
La
ragione e l’essenza della monarchia consiste in questo, che alla società è
necessaria l’unità. L’unità non è vera se il capo o principe non è propriamente
o interamente uno. Questo non vuol dir altro se non che essere assoluto, cioè
padrone egli solo di tutto quello che concerne il suo fine, cioè il bene
comune. Quanto più si divide il potere, tanto più si pregiudica all’unità,
dunque tanto più si viola, si allontana e si esclude la ragione e la perfezione
e della monarchia e della società. Così che lo Stato costituzionale non
corrisponde alla natura e ragione né della società in genere né della
monarchia, in ispecie. Ed è manifesto che la costituzione non è altro che una
medicina ad un corpo malato.
Giacomo Leopardi
La monarchia assoluta s’è
congiata in molti paesi (ora mentre io scrivo s’aspetta che lo stesso accada in
tutta Europa) in costitutiva. Non nego che nello Stato presente nel mondo
civile, questo non sia forse il miglior partito. Ma insomma questa non è
un’istituzione che abbia il suo fondamento e la sua ragione nell’idea e
nell’essenza o della società in generale e assolutamente, o del governo
monarchico in particolare. È un’istituzione arbitraria, ascitizia, derivante
dagli uomini e non dalle cose: e quindi necessariamente dev’essere instabile,
mutabile, incerta, e nella sua forma e nella sua durata e negli effetti che ne
dovrebbero emergere perch’ella corrispondesse al suo scopo, cioè alla felicità
della nazione.
Fernando Pessoa o Penoa
L’Impero supremo è quello
dell’imperatore che abdica a tutta la vita normale, quella degli altri uomini,
sui quali la responsabilità della supremazia non pesa come un carico di
gioielli.
Luigi XIV di Borbone, Re
di Francia
Io, Luigi XIV, sono
informato di ogni cosa; pronto ad ascoltare fino all’ultimo dei miei sudditi;
consapevole in ogni momento della quantità e qualità delle mie truppe;
incessantemente occupato a dare ordini per tutti i loro bisogni; a fissare il
livello delle entrate e delle spese del mio Stato.
Umberto I, Re d’Italia
Per un re costituzionale,
la fiducia nei ministri è un obbligo, non un sentimento.
Eugene Jonesco
Il comunismo è finito,
non tiene più, si è annichilito. Qui si compie con un ultimo sussulto un
processo storico iniziato nel 1789. Due secoli fa il terrore che dalla
negazione del Cristianesimo soffocò la rivolta della Vandea, un genocidio che
tutti dimenticano. In questo ’89 rumeno c’è la rivincita di quel popolo che
mostra come la storia può tornare su più giusti binari… ed ora infatti il
sistema cambierà. Mi si chiede: andrà verso una democrazia tipo occidentale?
Non sono un profeta; ma in ogni caso andrà verso una democrazia. Vorrei dire:
una democrazia rumena. Da noi si è sempre stati monarchici e sempre abbiamo
avuto un Re. Forse l’ipotesi più ragionevole è la monarchia costituzionale.
Montesqueu
Il governo monarchico
presuppone delle preminenze, dei ranghi e persino una nobiltà originaria. La
natura dell’onore è di richiedere preferenze e distinzioni; dunque, per la cosa
stessa, è al suo posto in questo governo. L’ambizione è perniciosa in una
repubblica. Produce buoni effetti nella monarchia; dà la vita a questo governo
e offre questo vantaggio, che in esso non è pericolosa perché può esservi
continuamente repressa. Si direbbe che avvenga come nel sistema dell’universo,
dove una forza allontana senza posa dal centro tutti i corpi e una forza di
gravità ve li riporta. L’onore fa muovere tutte le parti del corpo politico, le
lega con la sua azione stessa e accade che ognuno va verso il bene comune,
credendo di andare verso i propri interessi particolari. È vero che, da un
punto di vista filosofico, è un falso onore quello che guida tutte le parti
dello Stato; ma questo falso onore è altrettanto utile al pubblico di quanto lo
sarebbe quello vero ai privati che potessero averlo. E non è già molto
obbligare gli uomini a compiere le azioni difficili, che richiedono forza,
senza altra ricompensa che la risonanza di quelle azioni?
Thomas Carlyle
L’Eroe può essere Poeta,
Profeta, Re, Sacerdote e ciò che volete, a seconda del tipo di mondo in cui si
trova a nascere.
Dante
… infin che ’l veltro
verrà, …
Di quell’umile Italia fia
salute
per cui morì la vergine
Camilla,
Eurialo e Turno e Niso di
Furete.
Dante
Convenne rege aver che
discernesse
della vera cittade almen
la torre.
Rinaldo Orengo
Ormai questo
<<paese>>, questo rottame che pur fu un grande Regno, è un’Italia
che in se stessa non crede e di se stessa non cura. Ed è un tal rottame
senz’anima che vorremo offrire al Savoja? Non è soltanto un peccato che
l’Italia non abbia più una Monarchia: il guaio è che l’Italia non è più degna
di avere al suo vertice una monarchia; non è più capace d’obbedire a un Re.
Così com’è ridotta dalla repubblica, dalla democrazia e dalle multinazionali,
quest’Italiastra è degna soltanto della piccola congrega di nani che ha scelto
a padroni.
Servio
Majorum haec consuetudo
ut rex esset etiam sacerdos et pontifex.
Nîtisâra, testo Indù
Splendida è la dignità di
un dio in terra, ma ardua da ottenere per gli insufficienti: degno di divenire
re è solo colui che ha l’animo elevato a tanto.
Aristotele
I
re hanno questa loro dignità per via del loro essere sacerdoti del culto
comune.
Charles Petrie
All’apice della piramide
stava il monarca quale simbolo della nazione come tutto e, dopo
l’incoronazione, quale unto dal Signore in tale qualità di rappresentante di
essa. Non era il despota, soggetto a nessun’altra legge fuori da quella da lui
stesso fatta, bensì una parte integrale del sistema di cui era capo. La sua corona
era un emblema di fedeltà verso il suo popolo e i suoi diritti e doveri erano
definiti così esattamente, quanto quelli dei suoi sudditi. Tale era invero il
carattere distintivo del regime feudale: ognuno aveva il suo posto definito nel
tutto sociale, posto che gli corrispondeva e di fronte al quale egli era
responsabile.
D’Albon
Ciò che ha fatto dei re
degli oggetti di tanta venerazione sono state principalmente le virtù e le
potenze divine scese solo su di essi e non sugli altri uomini.
Plilip Wolf-Windegg
Un popolo non può
scegliere il vero re, ma solo confermarlo: e non si è mai trattato di
confermare una persona qualunque, ma solamente, come avveniva fra i Germani, un
essere di stirpe regale.
Adamo Degli Occhi
Sono
monarchico perché la monarchia cioè la “guida di uno solo” è la naturale forma
che si riscontra in tutta la natura: dall’unico sole all’unico cervello o cuore
che è dell’uomo fin giù giù al “capo branco” fra gli animali. O, al Sommo,
all’unica anima. All’unico Iddio. Tutto ciò che è assemblea è paralisi e lite:
inefficienza come attesta il fallimento della Repubblica d’ogni tempo. Occorre
un forte polso, l’indipendenza e il potere di un Capo, la sua assunzione per il
diritto di successione, fuori dalla gara, dal bisogno, dal compromesso democratico.
Matteo Sullivan
I monarchici vedono nella
Monarchia non solo la restaurazione dello Stato di Diritto, della serenità e
della giustizia sociale, ma, principalmente, il progresso sociale che in Italia
si può ottenere unicamente con un cambiamento alla radice dell’istituzione e
non con modifiche vane. Per esempio, un’eventuale “Repubblica Presidenziale”
estremizzerebbe le lacune dell’istituto repubblicano (presidenti dei partiti,
oligarchie partitocratiche che lottizzano lo Stato, egemonie economiche) e poi
restringerebbe di fatto le libertà e le opposizioni.
Sidney Sonnino
La Camera elettiva sarà
tanto più indipendente e riprenderà tanto più seriamente ed efficacemente la
sua funzione legislativa e l’esercizio del controllo finanziario quanti più presto
rinuncerà al pretendere che i Ministri siano un’emanazione sua e da essa
effettivamente designati, ma li considererà Ministri del Principe, cioè quali
organi scelti responsabili della volontà e dell’azione del Sovrano, da lui solo
scelti e nominati… così l’opinione pubblica vedrà realmente divisi i poteri,
sminuito l’andazzo dei governi prefabbricati da pochi (uomini di partito) e si
troverà ad avere una maggiore libertà di movimento e d’azione nel delineare
l’indirizzo della legislazione e nel sindacare atti di governo. (…). Il Re,
insomma, secondo lo Statuto, impersona lo Stato in tutti gli elementi suoi più
necessari e normali e nella tutela di questi elementi ha una funzione attiva e
non passiva. È lui che rappresenta la tradiuzione di governo, la continuità
nell’azione dello Stato, la stabilità dei suoi ordinamenti; in una parola, egli
sintetizza l’interesse generale della Patria tanto nel presente che nel futuro.
Ed è l’unico istituto a cui queste funzioni siano, nei nostri ordinamenti,
affidate (…). Il principato nostro, che s’immedesima con il concetto della
patria nazionale ed impersona insieme il principio della libertà individuale,
garantita invece che soffocata
dall’azione dello Stato, ci porge un’identità atta a servire di punto di raccolta, di nucleo attorno a cui
stringerci, in mezzo al rapido avvicendarsi degli uomini e dei gruppi al
potere, e al turbinio delle loro momentanee passioni e rancori.
Giovanni Spadolini
La Monarchia non può
sperare niente dai ceti dirigenti del paese, dai nuclei monopolistici della
finanza e dell’economia, che tendono ad asservire il potere politico purchessia
e temono ogni mutamento, sia esso restaurazione o rivoluzione. In tutt’altra
direzione è il suo destino: in tutti quegli strati grigi, umiliati, sacrificati,
impoveriti, dispersi ma sempre vivi, presenti ed operanti, di borghesia del
buon senso, che teme il pericolo comunista ma non vuole il governo dei ????
VEDI 77
Giovanni Spadolini
Se un giorno vasti strati
di popolo si volgessero verso una restaurazione della Corona, ciò avverrebbe
solo per trovare istintivamente una protezione, una tutela, uno schermo contro
le insidie del privilegio, che in una repubblica incontra sempre meno
resistenza che in una Monarchia.
Carlo Delcroix
Siamo monarchici più per la
preoccupazione dell’avvenire che per le nostalgie del passato.
Enzo Selvaggi
Le forze del lavoro e
della produzione avanzano e finiranno con il travolgere il mondo capitalistico
egoista. Noi dobbiamo essere i primi, in nome di una Monarchia popolare, essere
i primi a difendere gli interessi del popolo lavoratore.
Guglielmo Giannini
Non è tutta questione di
cuore il nostro atteggiamento favorevole a una generale intesa fra i
monarchici, ma una Questione d’Intelligenza, basata sul valore della formula
“il Re”: valore politico, musicale (VEDI 81), sentimentale, che può determinare
uno schieramento di valori insperati.
Umberto II
Tutti coloro che
mantengono una fede monarchica in Italia sognano un re diverso, che va dal re
magnanimo, generoso, misericordioso della tradizione, al re autoritario e
militare, e al re socialista… Non (VEDI 82) posso essere soltanto uno di questi
re, perché non posso essere il capo di una fazione. O le circostanze mi
permettono di essere il re degli italiani o preferisco essere un signore
privato, un italiano in esilio.
Orazio Condorelli
Le Monarchie non sono formule giuridiche che
possono essere inventate in una notte di malumore in un Parlamento. Le
Monarchie esistono nell’anima dei popoli; (VEDI 83) nella tradizione, atto di
coscienza che bisogna tenere sveglia. Noi dobbiamo tenere sveglio questo atto
di coscienza, perché l’Italia se lo trovi nel momento in cui, per la sua
salvezza, dovrà restaurare la Monarchia.
Antonio Labriola
La Monarchia è simbolo di
unità, resa quasi indispensabile dalla presenza del Papa in Roma.
Leone XIII
Moltissimi dicono che
ogni potere viene dal popolo: per cui coloro che esercitano questo potere, non
lo esercitano come proprio, ma come dato loro dal popolo, e altresì che dalla
condizione che dalla volontà dello stesso popolo, da cui il potere fu dato,
possa venir revocato. Da costoro però dissentono i cattolici, i quali il
diritto di comandare derivano da Dio, come dal suo naturale e necessario
principio.
Leone XIII
Il potere pubblico in sé
stesso (VEDI 87) non può che derivare da Dio. Iddio solo è il vero e supremo
Signore del mondo e a Lui devono sottostare tutte quante le creature e
servirLo, in guisa che chiunque è investito di sovranità non d'altronde la
tiene che da Dio massimo Signore di tutti.
Marco Tangheroni
La monarchia è forma di
governo legata ad un tipo ben preciso di civiltà, destinata a scomparire con
essa e ad essere con essa (Dio lo volesse!) restaurata. Questo significa che
solo dopo la restaurazione completa di quella civiltà si potrà pensare ad una
restaurazione monarchica? No davvero; se la Contro-Rivoluzione è, come la
Rivoluzione, un processo, è pur possibile, e in certi casi necessario, alterare
l’ordine logico delle fasi, non foss’altro per dare una prova di buona volontà,
sfuggendo alla tentazione della pura gestione, mostrando chiarezza di
prospettive e di fini.
S. Ignazio di Loyola
Fai come se tutto dipendesse da te e poi abbi
fiducia nella Provvidenza come se tutto
dipendesse dalla Provvidenza.
Hans Blüher
Un re che rimette ad
un’elezione popolare la conferma del suo potere tanto da farsi responsabile per
il popolo dinanzi a Dio, nel far ciò ha già negato la sua regalità. Non vi è
infamia commessa da un re, e Dio sa se i re non ne hanno commesse, che possa
distruggere la sanzione mitica oggettiva dello stesso re: ma un’elezione
democratica la distrugge di colpo.
Juan Donoso Cortes
Oggi non vi è un re che
ardisca dirsi tale se non per volontà della nazione; e se ardisse nessuno gli
obbedirebbe.
Bismarck
La sola rivoluzione che
conosciamo è la rivoluzione dall’alto.
Tacito
Ut imperium evertant,
libertatem praeferunt; si perverterint, libertatem ipsam adgredientur
Domenico Fisichella
È necessario, perché sia
assicurato un equilibrio tra interesse generale e interessi speciali, che
alcune strutture portanti dello Stato (inteso quest’ultimo come luogo
istituzionale dell’interesse comune, come istanza generalistica, come
rappresentante del <<tutto>> rispetto alle <<parti>>)
sfuggano il più possibile alle suggestioni dei particolarismi, alle contese tra
le parti, alle loro relazioni <<negoziali>>, alle loro sempre
possibili prevaricazioni e invadenze e colonizzazioni, agli accomodamenti e ai
conflitti dettati comunque da motivazioni e interessi partigiani. Nei limiti compatibili
con i caratteri della natura umana, la monarchia ereditaria è,
comparativamente, la forma politica in grado di assicurare al meglio (per
qualità e quantità) l’autonomia dello Stato e delle sue strutture essenziali
(forze armate, diplomazia, magistratura, alta amministrazione) rispetto alle
ingerenze, pressioni, interferenze particolaristiche. Ciò avviene non soltanto
per motivi istituzionali, pure di grande rilievo, connessi al ruolo del sovrano
nell’assetto statuale, ma anche ampiamente per motivi di costume civile: come
simbolo dell’unità nazionale, come autorità che nasce con una legittimità non
<<partigiana>>, il sovrano lega a sé in un vincolo di onore le
grandi strutture dello Stato, le organizzazioni che fanno di un insieme di
uffici uno Stato, non per subordinare i magistrati (che evidentemente giudicano
applicando la legge in autonomia anche rispetto alla Corona), non per coartare
militari e diplomatici e alti burocrati pubblici, ma per sottrarli alle
suggestioni ricorrenti delle parti in nome di una superiore legittimità. Come
simbolo e come referenza istituzionale, la monarchia è perciò l’espressione
suprema e più stabile, duratura nel tempo e sottratta agli scossoni della
successione, del principio generalistico nell’esperienza collettiva. Ecco perché
la monarchia è il regime dove le cattive inclinazioni del singolo uomo pubblico
(nella specie, del singolo principe) possono fare, comparativamente, meno danni
perché, mentre in una monarchia la cattiveria del singolo – cioè il suo
seguire, piegarsi alle inclinazioni <<particolaristiche>> – è una
faccenda che inizia e finisce con la persona stessa, negli altri regimi
politici, ove è assente o carente una referenza generalistica con certe
caratteristiche, le inclinazioni <<particolaristiche>> non
riguardano una persona, ma riguardano il sistema (…). I caratteri della
persona, specie negativi, contano più in repubblica che nella monarchia, perché
quest’ultima è soprattutto un’istituzione.
Renato Del Ponte
È
<<legittimo>> solo ciò che è <<conforme alla legge>>,
vale a dire la legge divina di quello ius
sacrum donde promana ogni diritto puramente umano, parziale, individuale o
sociale che sia.
Renato Del Ponte
Il ristabilimento di una
monarchia tradizionale è proprio l’ultimo
anello, quello più importante, per l’edificazione di una Grande Piramide,
presupponente tutta una serie di precedenti raddrizzamenti e restaurazioni, da
operare nel campo dello spirito e poi in quello della società, tra cui,
notevolissimo problema e in primo piano, (…) della ri-fondazione di
un’aristocrazia degna di tale nome. Anche qui ci pare che il riferimento
potrebbe andare, prima ancora che alla tradizione medievale, a quella romana.
Ivi gli optimates erano i
rappresentanti più degni di quel Senato che è alla base stessa della prima monarchia
romana: i custodi e i garanti della successione da Romolo al primo monarca
greco-etrusco, e quindi in grado di fornire legittimi interreges (VEDI 95) nel
corso di vacan(???) a dei sovrani e, poi, dei consoli. Com’è noto, il primo re
<<etrusco>> di Roma, Tarquinio Prisco, era in realtà, per parte
paterna, di origine greca, da Corinto. La monarchia <<etrusca>> a
Roma fu affossata proprio perché aveva tentato di incrinare il fondamentale
equilibrio tra le tre forze fondamentali dello Stato: Rex – Senatus – Populus.
Ottaviano Augusto, che era, non lo si dimentichi, primus inter pares nel consenso senatoriale, non fece altro che
ristabilire quell’equilibrio: e da lui in seguito è derivata, per l’area
occidentale del mondo, ogni legittimità futura, imperiale (l’Impero di Bisanzio
oil Sacro Romano Impero) o semplicemente regale che fosse.
Antonio Aparisi Y
Guijarro
Vengo da molto lontano,
ma vado molto avanti. Voglio conservare i principi immortali dei nostri padri,
il fuoco sacro della società. Ricevo l’eredità dei nostri padri con beneficio
d’inventario; il buono è mio, il male lo scarto; ma anche quando hanno
sbagliato, voglio imitare i figli buoni di Noè che coprirono pietosamente le
nudità del loro padre, senza dimenticare gli errori per non cadere in essi.
Marcel de Corte
Le qualità morali della
maggior parte degli uomini dipendono strettamente dai costumi dell’ambiente in
cui vivono.
Silvano Panunzio
La
sconsacrazione progressiva
dell’istituto monarchico si è rivelata di esito fatale. Le dinastie europee,
volenti o nolenti, hanno sposato i falsi principi della rivoluzione democratica
e quindi si sono spiritualmente, e anche fisicamente, scoronate.
Joseph de Maistre
Sappi come si è
monarchici: prima era un istituto, ora è una scienza.
Silvano Panunzio
La regalità è insita
indistruttibilmente nelle cose, è iscritta nello stesso uomo e nel nostro
stesso corpo in modo persino anatomico, addirittura osseo.
Conte di Parigi
La monarchia non può
essere ideologizzata, perché ciò significa comprimerla in un sistema dogmatico
che non comprende l’essenza stessa di quest’istituzione che rimane
un’idea-forza al di sopra della storia, ma che presiede una società in continua
evoluzione.
Cicerone
Apprezzo nello Stato un
potere supremo e reale; in secondo luogo una porzione di autorità conferita ai
cittadini più eminenti, ed infine qualche concessione al giudizio e alla
volontà del popolo.
Dante
L’ordine delle parti sta
nell’ordine del tutto come la parte sta al tutto: il tutto è, rispetto alla
parte, fine e perfezione; quindi l’ordine delle parti è, rispetto all’ordine
del tutto, fine e perfezione.
Dante
Tutto l’universo non è
altro che l’orma della bontà divina. Dunque il genere umano raggiunge la
perfezione quando attua tutta la rassomiglianza con Dio, secondo la possibilità
della propria natura. Ma il genere umano perviene al grado massimo di
somiglianza con Dio quando raggiunge il suo più alto grado di unità; infatti,
solo in Dio è la sola vera unità; per questo fu scritto: “Ascolta Israele, il
Signore Dio tuo è uno”. Ma il genere umano è pienamente uno quando è totalmente
raccolto in unità, e questo non può avvenire se non quando è sottoposto nella
sua totalità ad un solo Principe, come è di per sé chiaro. Dunque, quando il
genere umsano ubbidisce ad un sol Pricipe, perviene al grado più alto di
rassomiglianza con Dio, e quindi è più conforme all’intenzione divina, che
rappresenta la sua massima perfezione.
San Pio X
I veri amici del popolo
non sono né rivoluzionari né innovatori, ma tradizionalisti.
Francisco Elias de Tejada
Nella Cristianità la
supremazia dell’Impero era riconosciuta da principi e da re: nell’interno di
ogni signoria anche gli uomini si ordinavano in scale di corporazione,
confraternite e ceto, nella qualità di chierici, cavalieri e popolani. Era tanto
radicata nella coscienza l’idea della gerarchia dei popoli che se ne teneva
conto persino per stabilire il diritto di precedenza per sedersi nei concili
(…). La “pax christiana” poggiava su un coordinamento di sistemi politici e non
sull’equilibrio più o meno stabile, o meglio instabile, delle alleanze.
Attilio Mordini
Dal giorno in cui si fece
leva soltanto sui valori umani la storia non è stato altro che un progressivo
spostarsi della confidenza delle genti (VEDI 99) dalle sacre persone di
imperatori e re, divinamente investiti, a sistemi di disposizioni, ingiunzioni
e divieti sempre più astratti, meccanici, minuziosi e impacciati, sempre meno
formati di quella maestà che è l’anima necessaria della legge; e via via
riducentesi a documenti di sfiducia di quegli stessi valori umani che
dell’Umanesimo costituirono l’ispirazione ideale.
Georges Bernanos
I
parlamenti, le province, i mestieri hanno opposto senza sosta al regolamento le
consuetudini; e la monarchia, arbitra fra i cittadini e i funzionari, non ha
osato tentare niente di serio contro la consuetudine, perché è stata essa
stessa consuetudinaria, e la minima frattura di equilibrio in un insieme così
complesso avrebbe rischiato di metterle in pericolo.
Adriano Imperatore (xxx)
È di marmo, a dovere
scolpito, la tomba… che d’un eroe cospicuo ricopre del tutto la salma: di
Zenótodo (O Zenòtodo). In cielo, là dove dimorano Orfeo e Platone, raggiunse
con l’anima il seggio divino. Fu cavaliere reale, gagliardo di forza, costui;
fu glorioso, fecondo (VEDI 100), fu pari agli dei; nei suoi detti, presso
gl’Italici apparve di Socrate immagine viva. Ai suoi figli legò la propizia
avita ricchezza, in una verde vecchiaia morì, sconfinato dolore ai cittadini,
alla patria lasciando, ai nobili amici.
Eurico E. Clerici
La crisi della Monarchia
è opera della Rivoluzione che ha sradicato il sacro dalla vita degli uomini.
Nel nostro tempo (oscuro) tutti pretendono di essere uguali agli altri uomini,
cosicché mal sopportano che un Essere Superiore, quale è il Re, li governi. La
vera restaurazione monarchica passa attraverso la restaurazione dei valori
della Tradizione.
Julius Evola
La Monarchia rappresenta
l’elemento supernazionale immanente (VEDI
101) di una nazione. Per cui è
naturale che con un gruppo di nazioni monarchicamente costituite la via resta
virtualmente aperta ad una superiore unità spirituale, ad una intesa attraverso
i vertici nazionali, che è esattamente l’opposto di ogni promiscuità
democratica internazionalista. È effettivamente ciò che, presso al simbolo del
Sacro Romano Impero, si ebbe nel Medioevo, là dove non esisteva ancora
nazionalismo, ma nazionalità.
Conte di Parigi
La monarchia come
significato è certamente tradizionale, ma anche innovativa e sicuramente
rivoluzionaria sul piano economico e sociale.
Lawrence Durrel
La società è un
organismo, non un sistema. La sua unità più piccola è la famiglia, e in verità
la struttura che le si addice meglio è la regalità, perché la famiglia reale è
un riflesso di quella umana, e l’idolatria ad essa inerente è legittima… i re
sono una necessità biologica. Probabilmente, un riflesso della costituzione
stessa dell’anima.
Bousset
Un buon cittadino ama il
suo principe come il bene pubblico, come la salute dello Stato, come l’aria che
respira, come la luce degli occhi.
Marmont
Nutrivo per il re un
sentimento complicato a dirsi, un sentimento di devozione a carattere
religioso. La parola re aveva allora una magia, un potere che nulla aveva
alterato. Nei cuori retti e puri, questo amore diventava una sorta di culto.
Thomas S. Eliot
La sua concezione [di
Maurras] della monarchia e della gerarchia, più di molte altre, mi è vicina
come lo è a quei conservatori inglesi le cui idee rimangono intatte malgrado il
mondo moderno.
Omero
Le
gouvernement de plusieurs n’est pas bon. Ayons danc un seul chet,
un Roi.
Piero Operti
Col principio di autorità
superiore e legittima derivata dall’Alto e riconosciuta dal basso, la Monarchia
possiede una creatività morale che è sua propria e peculiare, poiché per essa,
a differenza degli altri sistemi, la storia non può trovare il suo senso se non
nell’etica, e con ragione i comunisti, i quali cercano quel senso
nell’economia, sono i suoi nemici irreducibili.
San Luigi IX re di
Francia
Amici,
se noi saremo uniti in carità, la vittoria sarà nostra. Assaltiamo dunque i
nemici con coraggio. Non abbiate voi riguardo alla mia persona: io non sono che
come ognun altro di voi, a cui può il Signore toglier la vita quando vuole. Ciò
che avverrà sarà per noi sempre propizio; se restiamo vinti, saremo Martiri; se
vinciamo, sarà la gloria di Dio. Noi combattiamo per Lui, onde non desideriamo
che la gloria sua e non la nostra.
Carlo Emanuele I, duca di
Savoia
Voi dunque che in mia
presenza ardite dichiararvi nemici di Dio e miei, uscite dal mio Regno, senza
speranza di rientrarvi. Io vi spoglio delle vostre cariche e dignità, poiché
amo meglio di non aver sudditi che di averli simili a voi, dei quali avrò
sempre motivo di diffidare.
Sant’Alfonso Maria de
Liguori
Quando i sudditi sono
obbedienti ai divini Comandamenti, cessano le insolenze, i furti, le frodi, gli
adulteri, gli omicidi; e così fiorisce lo Stato, si conserva la sommessione al
Sovrano e la pace tra le famiglie (…). La sola Religione poi rende liberi i
vassalli veri ubbidienti a’ lor Principi, facendo ad essi intendere che son
tenuti ad ubbidire a’ Sovrani, non solo per evitare le pene imposte a’
trasgressori, ma anche per ubbidire a Dio e tenere in pace le loro coscienze
(…). Essendo poi vero che i Re sono ministri di Dio e suoi luogotenenti,
siccome i vassalli son tenuti anche per obbligo di coscienza di ubbidire a’
loro Monarchi; così i Monarchi son tenuti d’invigilare sovra i loro vassalli
acciocch’essi ubbidiscano a Dio. Ad un uomo privato basta che osservi la Divina
Legge per salvarsi; ma ad un Re non basta: gli bisogna inoltre che si adoperi
quanto può, affinché i suoi sudditi osservino la Divina Legge, procurando di
riformare i mali costumi e di estirpare gli scandali. (…). Pertanto il fine
principale de’ Principi nel loro governo non dev’essere la gloria propria, ma
la gloria di Dio. I Principi che per la gloria propria trascurano quella di Dio
vedranno perduta l’una e l’altra. Dee persuadersi ogni regnante, non esser
possibile in questo mondo, pieno di uomini malvagi ed ignoranti, acquistarsi
ciò suoi portamenti (per giusti e santi che sieno) le lodi e l’applauso di
tutti i suoi vassalli: s’egli esercita la liberalità co’ buoni e co’ poveri lo
chiamano prodigo: se poi fa eseguir la giustizia co’ malvagi lo chiamano
tiranno. Devono pertanto i Re principalmente attendere a piacere a Dio più che
agli uomini, poiché allora, se non saranno lodati da’ cattivi, ben saranno
lodati da’ buoni, e soprattutto da Dio, che saprà rinumerarli in questa e
nell’altra vita (…). Il buon Principe si dimostra nemico delle adulazioni e ama
chi gli dice la verità, e vuole che tutti ciò sappiano. Enrico IV, Re di
Francia, domandato perché amasse tanto Monsignor di Genevra, ch’era San
Francesco di Sales, rispose: io l’amo
perché Monsignor di Genevra non mi adula (…). Ben si sa che tutti i Sovrani
non possono sempre far quanto vorrebbero per ben della Religione, talvolta
debbono usar la prudenza per non perdere tutto; e so ancora che non conviene
usar la forza per indurre i sudditi ad abbracciar la vera fede; la forza era un
tempo mezzo de’ tiranni che costringeano gli uomini a credere quel che non
dovevano credere, com’erano le idolatrie.
Iddio nullum ad se trahit invitum (Non vuole trarre nessuno a sé
controvoglia), egli vuol essere da noi adorato con un cuore libero, non
forzato. Non mancano all’incontro (al contrario) mezzi più adatti ed efficaci
a’ Principi zelanti d’indurre, senza forzarli, i loro sudditi a seguir la sana
dottrina.
Vincenzo Mortillaro di
Villarena
Forse è vergogna
vagheggiare l’ideale del legittimismo?
Per chi non è convulsionario della democrazia, per chi non è invasato dalla
mania della sovranità del popolo, del contratto sociale, dei diritti dell’uomo
e di tutta quella serie di strane e dannose utopie uscite fuori dalla scatola
di Pandora, che fu la rivoluzione dell’Ottantanove, la legittimità è come la
proprietà posseduta in buona fede e a giusto titolo e continuata per leale non
contrastata o usurpata successione (…). Non è logico xxxx (VEDI 107)
ragionevole gridare la Croce al principio del legittimismo; così come non è
d’uomini onesti maledire la memoria di tanti sovrani pel solo motivo che
fossero stati legittimi, quasicché la
legittimità fosse intrinsecamente causa inevitabile di mal governo.
Vincenzo Mortillaro di
Villarena
La maestà reale, quando è
legittima e non è frutto di violente occupazioni ed opera di settarie congiure
disonoranti, è la più grande cosa umana e la più sacra che si conosce fra gli
uomini! Essa trionfa sempre; anche nella tristezza e nei dolori dello esilio.
Renato Bova-Scoppa
Una
Monarchia socialista? Come è naturale, la gente si chiede se non vi sia una
contraddizione fra i termini. E non c’è. Non parliamo, naturalmente, di quel
socialismo massimalista, che si schiera, addirittura, per il suo estremismo,
settario, demagogico, a sinistra dei comunisti. Parliamo di un socialismo
illuminato, moderno, aperto, che per imporsi e svilupparsi, in modo efficiente,
non ha bisogno di barricate, di sangue, di discorsi infuocati e retorici, di
slogan demagogici e di una costante propaganda di odi. Parliamo di quel
socialismo realistico, pratico, umano, che effettivamente ha soppresso i
tuguri, ha abolito l’analfabetismo, ha garantito l’uomo nella vecchiaia e
contro le malattie, ha enormemente migliorato le sue condizioni di vita e ha
creato, di fatto, una società nuova, equilibrata e articolata secondo gerarchie
di valori autentici più che di arcaici privilegi, anche se non tutti i problemi
dell’esistenza e dello spirito siano stati risolti. Questo socialismo esiste,
ha operato in profondità senza strombazzamenti propagandistici e con
perseverante continuità di azione in Paesi che si chiamano Svezia, Norvegia,
Danimarca, Olanda e che sono delle Monarchie, dove è assicurata la stabilità
della più alta carica dello Stato, sottratta, così, al periodico
mercanteggiamento dei partiti e dove Dinastia e Popolo convivono in una felice
simbiosi e in quasi perfetta armonia.
Pierre Boutang
Si crede negli uomini e
non nei sistemi, si è pronti a rendere maggiori onori al dittatore che al Re.
Ma la storia non è la storia delle grandi individualità politiche, come ha
proclamato il Romanticismo, ma dei sistemi, degli Istituti, del lavoro nascosto
ma efficace di intere generazioni di medie personalità che hanno
successivamente governato, elevato e ingrandito l’edificio entro cui ha vissuto
e prosperato una società, un Popolo, una Nazione. Mai vi è stato smarrito come
ora, ora che dopo una così lunga esperienza, sempre più si rivelano dannose e
letali le dottrine politiche che avevano garantito la felicità terrena, il
progresso sociale perpetuo, la giustizia e la libertà, per tutti i secoli. Se
tuttavia nessuno crede più ai valori tipici del sistema repubblicano e al
razionalismo filosofico, moltissimi sperano nello stato di forza e nel
pragmatismo, che sono ritenuti i loro termini opposti. Ma questi non sono
anch’essi che un prodotto del principio repubblicano. Si è perduto il senso
della continuità della vita attraverso le generazioni e si è smarrito il senso
del generale per considerare solo il particolare. Non basta ricostruire lo
Stato come forza coercitiva, per sfuggire alla dissoluzione e degenerazione
politica. Occorre ristabilire la stabilità, la continuità e l’autorevolezza
dello Stato affinché serva i cittadini invece di servirsene, affinché l’ordine
coincida con la giustizia. Quando ciò sarà entrato nella convinzione di tutti,
le Monarchie ritorneranno con le loro vere funzioni. L’antitesi non è fra
dittatura e democrazia, tra forza e disordine, ma tra autorità e arbitrio, tra
l’ordine naturale e coazione artificiosa, che è poi l’antitesi tra la
monarchia, la quale si regge sul naturale consenso popolare, e la repubblica,
la quale il più delle volte nasce dall’equivoco e si perpetua nel pregiudizio.
Emilio Bussi
Se vi fosse il Re si
verificherebbe anzitutto quelo che io chiamo <<il grande riflusso delle
ambizioni>>. Cosa significa ciò? Come Napoleone diceva che ogni poihe, che egli poteva avere nello zaino
il bastone di maresciallo, così si può dire oggi che in qualsiasi repubblica
ogni analfabeta può auspicare a diventare ministro (…). Per gli uomini di
qualsiasi repubblica, ogni occasione è buona per parlare e per mettersi in
mostra, dato che essi devono pure procacciarsi i voti che li portano al posto del potere. Ma guardateli bene questi
uomini: compaiono alla televisione, concedono interviste 8che essi stessi
sollecitano), si fanno continuamente fotografare e sempre in atteggiamenti che
sanno di convenzionale e, comunque, di poco sincero. E poi parlano, parlano
sempre, a dritto e a rovescio, in tutte le stagioni e con ogni tempo, e
promettono, promettono tutto e tutto a tutti, perché la caratteristica più
spiccata di ogni repubblica è la loquacità e la verbosità dei suoi uomini. No,
una volta non era così: a parte la persona del Re, la cui voce udivasi solo
quando, all’apertura di ogni Legislatura, pronunciava il Discorso della Corona,
e si levava alta e solenne nei momenti drammatici della storia; è verità che in
una Monarchia, si preferiscono i fatti alle parole, perché è solo coi fatti che
si dimostra veramente l’amore al Popolo che si governa.
Claudio Risè
Quando i rivoluzionari
francesi, dopo aver decapitati, nella Cattedrale di Nôtre Dame, le statue dei re di Giudea e di Israele, e sventrato le
tombe dell’Abbazia di Saint-Dénis per raccogliere l’oro dei denti e degni
anelli dei re e dei vescovi, tagliarono la testa e bruciarono la statua
miracolosa di Nôtre Dame de Sous-terre, nella Cattedrale di Chartres (uno dei
maggiori simboli della spiritualità cristiana), ciò che viene chiamato processo
di secolarizzazione, vale a dire l’espulsione dell’esperienza religiosa e del
sacro dalla vita quotidiana in Europa, era già a buon punto.
François de Chateanbriand
Indipendenza individuale,
ecco la voce interiore che ci perseguita. Ascoltiamo la voce della coscienza,
che cosa ci dice? Secondo la natura: “sii libero”; secondo la società: “regno”;
e se lo si nega, si mente.
Joseph de Maistre
Persuadetevi che per
rafforzare la monarchia bisogna fondarla nelle leggi, evitare l’arbitrio, le
commistioni frequenti, i continui mutamenti di uffici e gli intrighi
ministeriali.
Joseph de Maistre
Se la Casa di Borbone è
proscritta per sempre, è bene che il governo si consolidi in Francia… È bene
che una nuova dinastia dia principio a una nuova successione legittima, questa
o quella non importa alla gente… Preferisco Bonaparte re che semplice
conquistatore.
Louis de Bonald
La Rivoluzione è
incominciata con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e non finirà che con la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo.
Carlo Alianello
Altri combattono e
muoiono per una conquista, una terra, un’idea di gloria, per un convincimento
magari o un ideale, ma noi moriamo per una cosa di cuore: la bellezza. Qui non
c’è vanità, non c’è successo, non c’è ambizione. Noi moriamo per essere uomini
ancora. Uomini che la violenza o l’illusione non li piega e che servono la
fedeltà, l’onore, la bandiera e la Monarchia, perché sono padroni di sé e
servitori di Dio.
Charles Maurras
L’idea più generale della
Nazione incontra il sostegno più necessario alla sua sicurezza, e il Diritto
nazionale trova alfine il suo depositario, il suo funzionario, nella mente e
nel consiglio di un personaggio che per la sua stessa posizione è interessato
al massimo della salute pubblica e del bene pubblico, il Re.
Joseph de Maistre
La Monarchia è il governo
più naturale per l’uomo.
Marsilio da Padova
Una pluralità di città o
province unite sotto uno stesso governo, secondo questo principio il regno si
distingue dalla civitas nella
gestione governativa solo per la maggior complessità.
Charles Maurras
L’elemento propriamente
patriottico dell’opera di Giovanna d’Arco è legittimista. Il carattere della
sua opera politica fu di riconoscere, affermare, annunciare, consacrare il Re
legittimo.
Louis de Bonald
Io non considero i legislatori
più celebri e i riformatori più osannati che come insensati che hanno osato
porre le loro volontà particolari al posto delle verità eterne della natura, o
dei corruttori che, dando alla società per leggi le proprie passioni hanno
legalizzato, se così posso dire, le passioni della società.
Edmond Burke
La scienza del diritto,
orgoglio dell’umana intelligenza (…), è la ragione trascritta nel corso dei
secoli; essa combina i principi della giustizia primitiva con la varietà
infinita degli interessi umani.
Georges Dumézil
Il principio monarchico
ha garantito contro la dittatura dei partiti e le ambizioni individuali.
Bossuet
Niente
brighe né cabale per fare un Re; è la natura a farlo.
E. Renan
La Monarchia costituisce
il sistema della maggiore fissità per la coscienza nazionale.
Charles Maurras
Non vi è un diritto
divino particolare alla regalità. In effetti, per chi crede in Dio, tutti i
diritti sono divini. I diritti propri della regalità sono diritti storici.
Charles Maurras
La tradizione è ciò che è
duraturo: è ciò che è riuscito nei secoli.
Charles Maurras
La vera tradizione è
critica e, in mancanza di queste distinzioni, il passato non serve più a
niente, cessando i suoi successi di essere esempi e i suoi rovesci di essere
lezioni (…). Bisogna scegliere fra la tradizione della vita e la tradizione
della morte.
Charles Maurras
Ogni progresso è nato
dalla disuguaglianza.
Charles Maurras
Il diritto ereditario, in
ragione delle debolezze inerenti al cuore umano può sfociare una volta, due
volte, dieci volte in scandali di denaro. Il diritto popolare, per l’energia
propria del suo movimento naturale, vi giunge necessariamente e sempre
e di più in più.
Charles Maurras
Chi pensa al regime
aristocratico e borghese è obbligato a considerare anzitutto che non vi è
governo dei Grandi senza rivalità tra i Grandi. I dissensi, le divisioni,
l’odio dei clan e delle classi (alla francese) sono il flagello costante delle
borghesie, come delle aristocrazie.
Ludovico Antonio Muratori
Il mestiere dei buoni
Principi ha da essere quello di
procurar la pubblica felicità.
Ludovico Antonio Muratori
Il buon Principe non
solamente procura di non far male e di non permettere che sia fatto male a’
suoi sudditi, ma si studia di far loro tutto il bene che può.
Luigi Einaudi
La monarchia, forza
storica, potere posto al di sopra dei partiti, deve diventare quell’Istituto di
cui in Inghilterra si dice che non se ne parla mai (…). Una monarchia la quale
nei giorni ordinari sia il simbolo rappresentativo dell’Unità della Patria e
della concordia dei cittadini, circondata da una corte austera, i cui membri
siano scelti dal Re e dalla Regina, sentito il parere conforme del primo
ministro, ed adempia all’ufficio di tutrice della Costituzione e di organo
delle volontà del popolo nei momenti supremi della vita della nazione, quando
le altre forze politiche si dimostrano incapaci ad esprimere un governo
stabile.
Georges Bernanos
Si può dire che tutti i
francesi sono monarchici come me, essi lo sono senza saperlo. Io, lo so.
Michel Onfray
È un vecchio schema: si
taglia la testa del re e la democrazia arriva. Ora si sa che Luigi XXVI non era
un tiranno e che il terrore che gli è succeduto.
Möser
Le migliori Costituzioni
sono quelle che discendono dal trono secondo vari gradi sociali; ogni gradi vi
ha una necessaria dignità. Il settimo ha gli stessi diritti di conservazione
del secondo.
Sant’Agostino
Romanum Imperium, quod
Deo propitio christianum est.
Chateanbriand
Quanto a quegli uomini
capaci che la Rivoluzione ha fatto uscire dalla via giusta, quanto a questi
uomini che non sono in gradfo di comprendere che il trono di San Luigi ha
bisogno di essere sostenuto dall’altare e di essere circondato dai vecchi
costumi non meno che dalle vecchie tradizioni monarchiche, è preferibile che
essi attendono a coltivare le loro terre. La Francia potrà richiamarli quando,
ormai stanchi di essere inutili, si saranno sinceramente converiti alla
religione e alla monarchia legittima.
Michel Poniatowsky
In una Monarchia
Costituzionale di tipo inglese, nessun uomo politico ha mai il primo posto. E
questo modifica sostanzialmente l’attitudine del mezzo politico. E questo è
molto importante, perché ciò riconduce in maniera concreta l’attitudine di
ciascun uomo politico alla nozione del servizio dello Stato, della Nazione, del
Re. La cupidigia di potere entro limiti più corretti. Ciò costituisce un freno
alle ambizioni personali, in quanto lo stesso uomo di stato sa che non accederà
mai al vertice dello Stato (…). Nel mondo moderno, in cui i quadri sociali,
economici evolvono in maniera eccezionalmente rapida, le genti hanno bisogno di
riferirsi a qualcosa di visibilmente stabile. Una Famiglia, una Dinastia sono
qualcosa di visibilmente stabile, con cui il popolo ha legami psicologici e
sentimentali. Nelle grandi scosse il passato è necessario per affrontare lo
choc dell’avvenire.
Frédéric A. Mouretti
oppure Amouretti
Vi è stato raccontato che
i nostri Re erano dei mostri: indubbiamente, ci sono stati anche tra di loro, è
vero, degli uomini deboli, poco intelligenti, mediocri, debosciati e forse
anche due o tre cattivi. Ce ne sono stati pochi che fossero eccezionali; la
maggior parte furono degli uomini di intelligenza media e di mentalità
coscienziosa. Considerate la loro opera: è la Francia!
Pierre Pujo
Il primo carattere della
Monarchia in Francia è che essa è stata incarnata da una Dinastia nazionale.
Questa Dinastia non è stata importata, né imposta dallo straniero; essa è
scaturita dall’anima francese. I suoi primi rappresentanti furono chiamati al
potere per i servigi che avevano reso alla comunità. Per più generazioni, circa
2000 anni, i Re furono eletti di padre in figlio. Successivamente, venne
soppressa questa elezione divenuta una formalità. L’ereditarietà venne
definitivamente acquisita a partire dal regno di Luigi VIII, figlio di
Filippo-Augusto.
Secondo tratto
caratteristico della Monarchia francese: il Re ha sempre esercitato un potere
temperato. Egli non è mai stato né un autocrate né un despota.
Se si è detto che la
Monarchia era assoluta, ciò lo si deve
al fatto che il Re non dipendeva da nessuno, da nessun gruppo di pressione, da
nessuna fazione.
Secondo una tradizione
ben consolidata, il Re di Francia governava attraverso Consigli. Nel
diciottesimo e diciottesimo secolo, in particolare, epoca nella quale
l’amministrazione reale divenne più complessa, questi Consigli compresero
uomini di grande valore che preparavano le decisioni reali. Le decisioni
scaturivano da discussioni approfondite e da riflessioni serie e perché il Re
se ne discostasse dovevano intervenire gravi ragioni.
D’altra parte, il Re era
soggetto alle Leggi fondamentali del Re e a quelle che venivano definite
“massime generali” che ispiravano il diritto francese. I Parlamenti, in
particolare quello di Parigi, erano severi nel rammentarglielo. Valga per tutti
l’esempio del Parlamento di Parigi che dichiarò nullo il primo testamento di
Luigi XIV, che intendeva mantenere il diritto al trono di Francia al duca
d’Anjou, divenuto Filippo V di Spagna, perché la tradizione voleva che la Francia
non potesse essere governata che da un principe francese.
Infine, l’autorità del Re
era rilevante nella sua sfera d’azione, quella cioè degli affari di Stato, ma
era compensata dalle libertà di cui godevano, nelle rispettive sfere, le
molteplici e diverse comunità locali, religiose, professionali, universitarie,
nonché gli Stati provinciali e certe branche di uffici, ciò che, indubbiamente,
generò anche taluni abusi ed inconvenienti, ma che ebbe il vantaggio di rendere
i Magistrati indipendenti dal popolo reale.
I rapporti tra il re e i
sudditi non si svolgevano solamente sulla base del diritto. Sentimenti
autentici e profondi univano Re e Popolo.
<<La
Francia>>, ha potuto scrivere il Lévis
Mirepoix, <<ed il Re agivano in un sistema d reciproca attrazione>>.
Il Re era il padre della Nazione ed è Jean Juarés che ha parlato del
<<fascino secolare della Monarchia>>.
Il terzo tratto
caratteristico della Monarchia francese è costituito dalla sua grande agilità
nel sapersi adattare all’evoluzione sociale.
Essa rappresentò
essenzialmente un modo empirico di governare.
L’Amministrazione reale
andò migliorandosi con il trascorrere del tempo.
Il Re creava una
istituzione, una funzione nuova ogni volta che le esigenze dei tempi ne
facessero avvertire la necessità, lasciando che deperissero automaticamente le
istituzioni obsolete.
Così, ad esempio,
intendendo sostituirli, nel XVII e nel XVIII secolo lasciarono cadere in
desuetudine la nomina di balivi e di siniscalchi.
Secondo le epoche, le
circostanze, secondo il temperamento di ciascuno, i Re di Francia manifestarono
in misura maggiore o minore la propria autorità. Al re competeva il diritto di governare
direttamente, ma poteva anche conferire larghi poteri ad un primo ministro. È
sufficiente, a questo riguardo, tracciare un confronto tra il regno di Luigi
XIII e quello di Luigi XVI, per rendersi conto della differenza dei metodi di
governo e, pertanto, della stessa natura della Monarchia.
Nulla ha a che spartire
con le costituzioni rigide dell’epoca contemporanea, che non si possono
modificare nonostante molte volte la necessità lo pretenderebbe, perché i
partiti non giungono mai a mettersi d’accordo sui ritocchi da apportarvi, in
funzione dell’evoluzione dei tempi e delle esigenze del Paese.
La Monarchia non ha
assicurato solamente delle istituzioni equilibrate, adatte alle esigenze della
Francia ed al temperamento nazionale, essa ha realmente fato del bene al Paese.
(…) Sul piano interno, il
Re fu costantemente protettore del Popolo minuto, contro il feudalesimo. Il Re
contribuì energicamente all’affrancamento delle città nel Medio Evo; facilitò
l’ascesa della borghesia e ci si ricorderà come di ciò il duca di Saint-Simon
fece colpa a Luigi XIV. Non si ricorderà mai a sufficienza come fu proprio
attraverso l’esercizio di una vera giustizia che i re estesero la propria
autorità all’intera Francia. Essi erano i giudici e gli arbitri supremi in
tutte le controversie che opponevano i francesi gli uni agli altri. È così che
i nostri Re si fecero amare!
Certamente la nobiltà
ebbe un posto a parte nello Stato, ma i e s’impegnarono a neutralizzare le
velleità dei nobili, riuscendo anzi a volgerla al conseguimento del bene
comune. Se i nobili godettero di taluni privilegi, furono caricati anche di
incombenze rilevanti, come quella di servire con maggiore impegno, anche
finanziario, nell’esercito del Re.
Inoltre, occorre
ricordare che la nobiltà non cessò di rinnovarsi di secolo in secolo. Come
scrisse Lévis Mirepoix, <<le
classi rimasero aperte>>. In altri termini, non era solo la nascita la
matrice della nobiltà. Ad essa, infatti, si poteva pervenire anche per meriti
maturati nei confronti dello Stato.
La Monarchia francese,
infine, consentì un’espansione costante delle libertà. Senza dubbio, i Re
realizzarono una centralizzazione politica indispensabile, ma contrastarono il
meno possibile le autonomie amministrative. Anzi, le incoraggiarono.
Soprattutto, la centralizzazione reale non fu masi piatta. Come ebbe a dire lo
storico Funk-Brentano, la Francia <<era irta ed arruffata di
libertà>>.
Tutte queste libertà – o
privilegi, che è la stessa cosa – creavano un insieme un po’ confuso, ma se
irritavano degli spiriti sistematici, come saranno i fisiocrati e i
rivoluzionari, i francesi trovavano in esse protezione, garanzia contro
l’arbitrio.
Pierre Pujo
L’autorità del Re non era
affatto in contraddizione con le libertà dei francesi. Essa era, al contrario,
protettrice contro gli abusi dei grandi e dell’amministrazione. È contrario
alla verità storica parlare d’una dialettica tra il Re ed il Popolo. È
piuttosto contro la feudalità che il Re si è opposto. Le libertà si sono
sviluppate a mano a mano che si è rafforzata l’autorità regale. Le libertà di
cui godevano i francesi nell’antico regime erano innanzitutto libertà collettive.
L’antico sistema era una società di ordini e di corporazioni. Questi ordini e
corporazioni costituivano di per sé stesse delle garanzie per l’individuo, che
vi trovava la propria valorizzazione. La rivoluzione ha sostituito una Libertà
astratta, con una Elle maiuscola, alle libertà concrete dell’antico sistema.
Essa ha soppresso le prerogative di innumerevoli comunità ed ha lasciato
l’individuo disarmato dinanzi al potere del denaro e dello Stato. Così la
rivoluzione francese ha permesso lo sviluppo del capitalismo liberale con il
seguito di ingiustizie, in attesa di introdurre lo Stato tecnocratico e
totalitario da cui noi siamo oggi minacciati. La sovranità popolare non è
affatto una garanzia di libertà. Del resto la sovranità del Popolo è qualcosa
di diverso da un mito, di una impostura che escogitano i detentori del potere?
La Monarchia era, invece, strumento di tutela, di rinascita e di sviluppo delle
libertà. In effetti, la repubblica è talmente presa da preoccupazioni di
carattere elettorale e di tipo ideologico, da non volersi lasciare sfuggire
nulla del controllo degli elettori. Pertanto, considera le libertà come una
minaccia al sistema. In Monarchia, per contro, il potere, essendo affrancato
dalla servitù dell’elezione, non ha nulla da temere per il nascere di
opposizioni se consente, ad esempio, più autonomia alle comunità locali. La
Monarchia ha una naturale propensione a disimpegnarsi di molti dei compiti che
lo Stato si è accaparrato, cui adempie male e che normalmente non gli
competono. Inoltre, la Monarchia non ha ideologie da far prevalere. Essa può
accettare il pluralismo ideologico dei Francesi, dal momento che questo
pluralismo non costituisce minaccia al potere della Monarchia, che si fonda
soprattutto su una naturale autorità morale. La Monarchia, pertanto, potrebbe
permettere anche un rafforzamento delle autorità locali e professionali in
rapporto alla propria forza. Solo un potere forte può decentrare. Oggi lo
Stato, per quanto possa essere persino tentacolare, è eminentemente fragile, ciò
che lo rende diffidente nei confronti dei corpi intermedi. Tra il Re e le
collettività territoriali e professionali, le molteplici associazioni
d’interesse si istituirebbe naturalmente un dialogo, il dialogo dell’interesse
generale e degli interessi particolari, con il Sovrano in funzione di estrema
istanza. E così come vi possono essere
conflitti tra l’interesse generale e gli interessi particolari, altrettanto si
possono manifestare conflitti tra le diverse collettività. Il Re eserciterebbe,
in tal caso, il suo arbitrato. In repubblica non esiste un arbitro dotato della
sufficiente credibilità; non vi sono che partiti e classi in lotta gli uni
contro gli altri.
Charles Maurras
La sola forma razionale e
sensata dell’autorità è quella che riposa in una famiglia – di primo nato in
primo nato – secondo una legge che esclude la competizione, perché è un potere
talmente naturale che, pur comportando un’autorità integrale del vertice, chi
esercita non può tuttavia definirsi dittatore; egli è un Re e questa Magistratura
regale, combinando i due principi dell’autorità e dell’ereditarietà, è
istituzione talmente flessibile che non cessa di essere sempre sé stessa, pur
se varia con il mutare dei tempie si veste talvolta dell’aspetto paterno di un
semplice presidente del Consiglio o del Parlamento espresso dal Popolo,
talvolta l’apparenza della dittatura diretta, talvolta quella della dittatra
indiretta d’un ministro di primo piano. Come succede per le cose di grande
rilievo, l’Istituzione è di gran lungo superiore agli uomini. Il suo valore
principale è quello di saper utilizzare il passato completamente a profitto del
presente, senza, peraltro, sacrificarvi l’avvenire.
Pierre Pujo
La
Monarchia permetterebbe la messa in pratica della distinzione fondamentale tra
potere a Rappresentanza. Ed i rapporti con l’autorità della Corona e gli organi
rappresentativi non si fonderebbero sulla reciproca diffidenza, come accade
attualmente per i rapporti tra governo e assemblea. Perché in Monarchia i
deputati, pur se i diversi punti di vista possono non collimare, non
esaspererebbero le divergenze sino alla lotta senza quartiere, perché la
ragione della disputa non sarebbe l’impadronimento del potere, come accade
normalmente oggigiorno. In altri termini, non si tratterebbe di un confronto
competitivo, ma semplicemente collaborativo.
Charles Maurras
Il cittadino, in tutta la
sfera di attività in cui è competente e direttamente interessato, in tutto ciò
che ha capacità di conoscere e quindi di giudicare, è presentemente uno
schiavo. Il potere regio gli renderà la disponibilità e la sovranità di quel
dominio che gli fu strappato, contro giustizia e contro utilità, mettendo in
pericolo la forza della patria. Ecco ciò che farà il re per le libertà: le
renderà ai cittadini. Ne sarà il garante, il difensore ed il gendarme.
Charles Maurras
L’autorità in alto, in
basso la libertà, ecco la formula delle costituzioni monarchiche. L’assurda
repubblica una e indivisibile non sarà più preda di diecimila piccoli tiranni
invisibili e inafferrabili, ma mnigliaia di piccole repubbliche di ogni specie,
repubbliche domestiche, come le famiglie, repubbliche locali come i comuni e le
province, repubbliche morali e professionali come le associazioni si
amministreranno liberamente, garantite, coordinate, indirizzate nel loro
complesso da un potere unico e permanente, vale a dire, personale ed
ereditario, per ciò stesso potente e ragionevole, ed interessato al
mantenimento e allo sviluppo dello Stato. È da osservare che questo Stato così
forte nella sua funzione di governo sarà assai debole per intraprendere
qualcosa contro il cittadino. Poiché, invece del cittadino della Repubblicva
francese, che si trova con le sue povere forze individuali a lottare contro
l’enorme meccanismo dello Stato, il cittadino del nuovo regime di Francia
sarebbe partecipe di libere e forti comunità (la sua famiglia, il suo comune,
la sua provincia, la sua corporazione, ecc…) che impiegherebbero le loro forze
a salvaguardarlo da ogni arbitrio ingiustificato. Le garanzie del cittadino nello
Stato repubblicano sono assolutamente teoriche, ma sono dedotte, è vero da una
teoria (i diritti dell’uomo) che porta a misconoscere i diritti dello Stato:
nella pratica essi svaniscono in modo assoluto. Rispettosa dei diritti
superiori dello stato, la teoria monarchica conferisce al cittadino garanzie
pratiche, garanzie di fatto: queste non sono teoricamente inviolabili, ma sono
praticamente assai difficili da violare. La libertà è un diritto sotto la
Repubblica, ma è soltanto un diritto: sotto la monarchia nazionale, le libertà
saranno fatti certi, reali e tangibili.
Charles Maurras
Speriamo che nessuno ci
risponda con delle fanfaluche su l’imprevisto della nascita. Come se l’elezione
non avesse i suoi imprevisti. Come se questi ultimi non fossero peggiori dei
primi. Si alleva un Delfino in vista del trono; non si educa un candidato alla
presidenza della repubblica: mai, d’altra parte, né in alcun paese, neppure
presso le tribù più selvagge, i rischi naturali dell’ereditarietà possono
innalzare al trono una successione di mediocrità. (…) Il sistema
dell’ereditarietà monarchica presuppone, secondo un sentimento naturale di
previdenza domestica (che può mancare ma che si trova nove volte su dieci), che
il capo dello Stato non giochi facilmente l’avvenire della dinastia ed in tutti
i suoi calcoli si affidi alla prudenza e alla riflessione. Queste virtù hanno
precisamente contraddistinto la Casa Capetingia nella sua opera di costruzione
della Francia.
Charles Maurras
È
una fantasticheria il desiderio, ad ogni momento della vita di un popolo, di
avere alla testa dello Stato lo spirito più dotato o il carattere più capace.
Guardiamo al fondo della psicologia democratica: la corsa disordinata a questo
meglio, nemico del bene, è la forza morale costante di questo regime, il
pungolo dei migliori, il pretesto dei peggiori e, senza rendere il progresso
più certo sotto qualsiasi rapporto, e ciò che fa sì che lo Stato non abbia mai
un attimo di riposo e il Governo un momento di sosta. Malgrado i falsi periodi
di quiete, quel turbamento cova sempre. Chi non è il migliore? Chi non è il più
degno? O chi non vuole esserlo? Il regime elettivo potrebbe definirsi, in
psicologia teorica, l’immenso antagonismo, furioso o latente, ma incessante, di
undici milioni di nostri io o di delegati dei nostri io! Tutto deve dunque
trascorrere tra brighe, discussioni, esami, votazioni, contestazioni, battaglie
che non cesseranno di scuotere lo Stato tanto quanto ledono l’unità della
nazione. Ma supponiamo per una volta di raggiungere il più sfuggente degli
scopi. Il più capace è innalzato sugli scudi. Ebbene il vero scopo è mancato!
Perché? Perché capacità politica e rendimento politico sono due cose diverse.
Il caso privilegiato di Napoleone Bonaparte mostra quello che può operare contro
il bene di un popolo il genio più dotato, quello meglio consegnato per il
comando, se esso non viene limitato e temperato da certi elementi fra i quali
il pensiero del bene pubblico rappresenta il centro essenziale! Egli sapeva
comandare, eccelleva nel comando? Era però poco sensibile di fronte agli
interessi del bene pubblico che voleva servire. Inoltre il modo con cui era
salito al potere l’obbligava ad una difensiva spossante contro tentativi di
ascesa e di usurpazioni similari. L’esempio è sufficiente a mostrare come
l’autorità del Migliore, una volta designato, sarà sempre corrosa dalla
minaccia di nuovi prescelti dal destino, in quanto passibile di continui
tentativi di sostituzione. (…) Ciò che importa non è affatto che ad un
determinato momento (che può essere seguito da tanti altri momenti) la
sovranità appartenga al più degno o al migliore in senso assoluto e relativo;
ciò che più di tutto importa non è che il sovrano cumuli nella sua persona la
più grande somma d’intelligenza, di cultura o di virtù, benché virtù, cultura,
intelligenza, siano preziose per adempiere alla sua pesante funzione:
l’importante è che egli sia strettamente attaccato, fortemente legato,
direttamente interessato alla carica sovrana, e più incline di chiunque altro
alla cura di conservare e sviluppare i beni di quella carica, ad allontanare i
mali di cui potrebbero soffrire quei grandi beni.
Charles Maurras
(…) Si può mettere a
punto con poche parole questa questione delle capacità personali del capo
ereditario: esse esistono o non esistono. Quando ci sono, ci sono, ed i
vantaggi pubblici sono immensi. Quando non ci sono rimane tuttavia qualcosa,
che non possono fornire le volontà addizionate, né i cuori né le teste di
milioni di cittadini: resta il legame comune, il posto di re, il centro ed il
nome, la forma e l’apice vivente dello Stato; ve ne è qualcuno, di re, debole
ed anche cattivo, ma le sue fibre coscienti restano interessate al bene
generale e, mentre altrove vanno e vengono tanti ministri, magistrati,
presidenti, questo qualcuno sussiste, immobile, inchiodato dal suo passato e
dal suo avvenire all’essere politico, comune. Egli si sbaglia e pecca, ma di
tutti gli errori e sbagli, anche criminali, che lo porterà a commettere la
nostra natura umana, ciò che gli capiterà di meno, e di cui sarà meno capace, è
provare quel distacco quella indifferenza, quella profonda negligenza, quel
fiore di atarassia insolente o ingenua che costituiscono i caratteri della
democrazia, di fronte agli interessi vitali e generali.
Charles Maurras
(…) Un re detronizzato
diventa un misero esule. Un repubblicano che abbia perduto il potere è un gran
personaggio che non perde mai la speranza di tornarvi r che vive circondato da
una corte di parassiti attivi e irrequieti. È per questo che se un re è al
tempo stesso severo e prudente nei riguardi del bene pubblico, giacché
perderebbe molto a mancare dell’una o dell’altra di queste qualità, il
repubblicano non perde gran cosa a rischiar tutto, a trascurar tutto: può anche
dire a se stesso, cadendo, che riuscirà sempre a riassettare e a riparare tutto
la prossima volta! A tal prezzo può permettersi di tutto (…). In regime
repubblicano si può appiccare il fuoco ai quattro punti cardinali della nostra
amministrazione, tirarsene fuori e ricominciare.
Charles Maurras
Corrotto, corruttore:
erano i vizi del principe. Non discendevano dal principio. Morto lui, bastava
che un principe onesto e temperante gli succedesse perché l’integrità
riprendesse i suoi diritti. Laddove in democrazia l’eletto può essere virtuoso,
e nondimeno è il prodotto e il produttore, l’effetto e la causa della
plutocrazia sovrana. Essa l’ha fatto nominare ed egli dunque la sostiene, essa
rigenera la sua autorità facendogli rinnovare il mandato, ed egli fa del suo
meglio per difenderla contro la giustizia e contro la nazione. Non vi sono
esempi che si sia mai usciti da questo terribile cerchio se non sostituendo le
autorità nate alle autorità elette, il diritto ereditario al diritto elettivo.
Il diritto ereditario, in virtù delle debolezze inerenti al cuore umano, può
dar luogo una volta, due volte, dieci volte a scandali di denaro. Il diritto
popolare, per impulso proprio al suo moto naturale, vi dà luogo necessariamente
e sempre e in misura via via maggiore. (…) Chi dice democrazia dice governo
doppio: l’apparente, quello del numero, e il reale, quello dell’oligarchia e
dell’oro (…). La pretesa uguaglianza democratica svolge semplicemente il ruolo
di una menzogna attraente e perturbatrice. La difesa repubblicana consiste nel
mantenimento del suo formulario tradizionale, ed è solo per conservare il posto
al desco del potere: democraticità dottrinale e passionale in vista d’una
oligarchia reale.
Charles Maurras
(…)
Che è mai, dunque, una libertà? Un potere. Colui che non può assolutamente niente,
non è assolutamente libero. Colui che può mediocremente, è mediocremente
libero. Colui che può infinitamente è pure infinitamente libero. Una delle
forme del potere è la ricchezza. Un’altra di queste forme è l’influenza, la
forza fisica, la forza intellettuale e morale. Su chi si esercitano
diversamente questi poteri diversi? Su degli uomini. E questo potere a chi
appartiene? A degli uomini. Quando un’umana libertà si trova al vertice, se
essa ha incontrato degli oggetti umani cui applicarsi ed imporsi, qual nome
prende? Autorità. L’autorità non è dunque che una libertà giunta a perfezione.
Lungi dal contraddire quella di libertà, l’idea d’autorità ne è al contrario il
termine e il completamento. La libertà d’un padre di famiglia è un’autorità. La
libertà d’una confessione religiosa è un’autorità. E sono altresì autorità la
libertà d’una associazione, la libertà di un comune, d’una provincia
determinata. Quando si vuole che lo Stato rispetti l’iniziativa privata
nell’ordine economico, si chiede, in fondo, che rispetti ciò che Le Play
chiamava con sì bel termine le autorità sociali. Tutte le libertà reali,
definite e pratiche, sono delle autorità. La libertà contrapposta all’autorità,
la libertà che consiste nel non essere mossi
dagli altri, ma anche nel non muoverli,
questa libertà neutra non è conciliabile né con la natura né con l’ordine della
vita (…). La libertà non sta al principio, ma alla fine; non è alla radice, ma
nei fiori e nei frutti della natura umana o, per meglio dire, della virtù
umana. Si è più liberi per quanto si è migliori. Bisogna divenirlo. Questi
nostri uomini ha creduto di attribuirsi il premio della fatica mediante una
famosa Dichiarazione dei loro diritti, affiggendo nei loro municipi e nelle
loro scuole, nei loro ministeri e nelle loro chiese, che questo premio si
acquista senza sforzo. Ma affiggere dappertutto che ciascuno nasce milionario
arrecherebbe a qualcuno ombra di milione? Dite che si tratta d’un diritto alla
libertà? Ma il diritto al milione non sarebbe più vano.
Julius Evola
Esistono delle idee che,
per via della loro radice metafisica, sovrastano i tempi, non sono di ieri, di
oggi o di domani ma posseggono una perenne attualità. A seconda delle
circostanze, tali idee possono essere realizzate o meno, in forma ora più pura,
ora più condizionata, senza che ciò comunque pregiudichi il loro intrinseco
valore, la loro dignità, il loro rigoroso carattere normativo. Fra tali idee,
retaggio di quel mondo che noi chiamiamo il mondo della Tradizione, rientra la
Monarchia.
Julius Evola
Per idea monarchica noi
non intendiamo qualcosa di generico o un complesso sentimentale bensì una
precisa e rigorosa dottrina dello Stato.
Julius Evola
Il fondamento essenziale
di ogni vera Monarchia è, infatti e appunto, una mistica, una sua sacrità reale e tradizionale che da nessun’altra
forma di reggimento politico saprebbe essere rivestita.
Julius Evola
In un periodo di
incertezza dottrinale, di confuse aspirazioni ora innovatrici, ora reazionarie,
ora rivoluzionarie, come è quello in cui si trova tuttora gran parte
dell’Europa, ogni professione di sano e illuminato tradizionalismo costituisce
un rapporto di indubbio valore e di salutare efficacia, una volta che
l’espressione <<tradizionalismo>> la si sia sottratta alle
assunzioni abusive operate da una certa polemica demagogica e in tradizione si
intenda conservatorismo sì, ma conservatorismo di ciò che è vivo e non di ciò
che è morto; affermazione di principii che, per la loro superiore dignità e
natura, possono pur dirsi di là dal tempo, quindi non di ieri, ma di perenne
attualità; e, insomma, per esprimersi col De Reynold e il Maritain, una visione
del divenire ordinatamente subordinata ad una concezione dell’essere.
Julius Evola
Il disordine attuale nel
campo politico, tutto ciò che esso presenta di instabile, di pericolosamente
aperto alla sovversione – a marxismo e a comunismo – deriva sostanzialmente
dalla carenza di un superiore principio di autorità e da una insofferenza quasi
isterica per un principio del genere, per il che certe esperienze politiche di
tempi recenti servono ai più da comodi alibi. Parlando di un superiore
principio di autorità, noi ci riferiamo ad una autorità che abbia un’effettiva
legittimazione e un carattere, in un certo modo <<trascendente>>,
perché senza di ciò l’autorità sarebbe priva di base, sarebbe contingente e
revocabile.
Julius Evola
Per la trascendenza del
principio di autorità proprio ad una regalità, il regime monarchico costituisce
l’unica vera antitesi sia a dittatura sia a democrazia assoluta. In ciò si deve
indicare il fondamento del suo superiore diritto. Le varie forme che può
rivestire e le idee o i simboli con cui può legittimarsi questa trascendenza a
seconda dei tempi, non toccano l’essenziale: l’essenzialità è il principio.
Infatti, se noi cerchiamo la più alta giustificazione tradizionale della
regalità, noi la troviamo in una concezione, secondo la quale lo Stato (e ancor
più l’Impero) ha un suo significato e una sua finalità trascendente, appare
come un trionfo del cosmos sul caos, come una formazione efficace
operata da una forza dall’alto – gli antichi dicevano: da una forza del
<<sopramondo>> - in seno all’elemento naturalistico del demos e, in genere, a tutto ciò che è
semplicemente etnico biologico e, in senso ristretto, <<umano>>…
Ora, il punto in cui si manifesta eminentemente, si raccoglie e si fa efficace
questa forza dall’alto conferente allo Stato l’anzidetto significato
trascendente è appunto il Re, il Monarca.
Julius Evola
In
tempi non lontani il <<per grazia di Dio>>, la sovranità di diritto
divino non implicò, nei sudditi, considerazioni teologiche specifiche; essa
valeva, per così dire, in termini esistenziali, corrispondeva appunto al
bisogno di un punto superiore di riferimento, punto che viene assolutamente
meno quando il Re è tale unicamente per
<<volontà della nazione>> o <<del popolo>>. D’altra
parte, solo in quel presupposto potevano svilupparsi, nei sudditi, nel segno
del lealismo, quelle disposizioni, quelle forme di comportamento e di costume
di un superiore valore etico… Ripetiamolo: si tratta anzitutto della
<<dignità>> della monarchia, di un prestigio e di un diritto che
sempre e ovunque si trassero da una sfera sovra individuale e spirituale:
investiture sacre, diritto divino, filiazioni e genealogie mistiche e
leggendarie, e così via, non sono state che forme figurate per esprimere un
fatto sostanziale sempre riconosciuto, ossia che un ordine politico, una unità
collettiva veramente organica e viventesi rende possibile solamente ove
esistano uno stabile centro e un principio sopraelevato rispetto a qualsiasi
interesse particolare e alla dimensione puramente fisica della società,
principio avente in proprio una corrispondente intangibile e legittima
autorità.
Julius Evola
Se in tempi passati, ma
già appartenenti alla cristianità, si potè perciò parlare di una religio regalis (significativamente
associata alla figura biblica di Melchisedek) e di un sacramentum fidelitatis –
formula che conferiva, per analogia, la dignità di un sacramento all’impegno di
fedeltà del seguace e del suddito rispetto al sovrano – questa mitica si conservò
più tardi, come anima più o meno avvertibile di una etica speciale, dell’etica,
appunto, della fedeltà, della lealtà, dell’onore.
Julius Evola
In tempi normali, che
l’uomo non si sia sempre all’altezza del principio e di una specie di
<<ascesi del potere>> (quella stessa che Platone considerò
indispensabile in chi accetta una funzione di capo), ciò non importa: la sua
funzione resta sempre imprescrivibile e intangibile, perché non è all’uomo
bensì al Re che si obbedisce, e la sua persona vale essenzialmente come un
supporto a che si desti quella capacità di dedizione superindividuale,
quell’orgoglio nel servire liberamente, quella prontezza all’azione e al
sacrificio attivo (ove esso sia necessario), che vanno a costituire una via di
elevazione e di disignificazione per il singolo e, nello stesso tempo, la forza
più potente per tenere insieme la compagine di un organismo politico. Per tali
considerazioni risulta dunque che non si può separare la dottrina del
<<diritto divino>> (sempre che questa non si riduca ad uno
strumento politico ad usum delphini
ma sia intesa sul piano di quella positività spirituale cui ora abbiamo
accennato) dal monarcato, senza distruggerne la più alta, tradizionale,
giustificazione.
Julius Evola
… Si deve mantenere viva
la sensazione di una Monarchia, per così dire, trascendente o eterna che,
fondamento ultimo dell’una o dell’altra Monarchia reale, sussiste
indipendentemente dai destini di queste ultime, come il principio dal quale
possono ripullulare nuove forme dopo periodi più o meno lunghi di tacitazione o
di oscuramento; periodi che corrispondono a regressioni dell’uno o dell’altro
popolo.
Julius Evola
Il fondamento principale
del principio monarchico e il suo superiore diritto sta nella sua responsabilità
di spiritualizzare e di significare la
vita politica e di dare una giustificazione superiore al principio di autorità.
Nei termini – invece – di mero benessere economico-animale, nei termini, cioè,
della triviale equazione benessere-felicità, le prospettive utopistiche proprie
al messianismo tecnico marxista o sovietico potrebbero ben dirci di un regime o
ideale politico dove, presso la razionale distruzione di ogni superiore
interesse umano, anche le premesse per il diritto di una monarchia non si
porrebbero affatto, né potrebbero valere.
Julius Evola
Se
noi cerchiamo di penetrare il senso ultimo di comunismo e marxismo, troviamo
che l’uno e l’altro portano alle estreme conseguenze la concezione del
materialismo economico. Il fattore fondamentale e determinante della storia e
della società è l’economia: questo è il loro fattore politico. La
subordinazione della politica all’economia è perciò la parola d’ordine delle
correnti sovvertitrici, di cui stiamo parlando. Nella fase di transizione
occorre quindi propiziare la scalata dello Stato da parte dell’economia intesa
come economia di massa, o economia collettivizzante: prima la fase sindacale,
poi la fase più radicale propriamente rivoluzionaria, con eliminazione o
subordinazione di tutto ciò che, secondo il marxismo, ha mero valore di
<<superstruttura>>; in questo termine, come si sa, il marxismo
comprende tutto ciò che ogni civiltà di tipo tradizionale, anzi di tipo
semplicemente borghese, ha considerato come valore: principi d’ordine ideale,
morale, intellettuale in senso superiore, religioso, e via dicendo.