di Tommaso Romano
È una tessera mancante quella riguardante la vita dei
partiti e movimenti monarchici italiani, specie in Sicilia operanti, prima e
dopo la celebrazione del Referendum fra Monarchia e Repubblica, il 2 giugno
1946.
Nella ormai ricca bibliografia riguardante la storia
dei partiti e dei movimenti
politici in Italia, a cominciare dal 1943, uno
scarsissimo rilievo, viene assegnato al legittimismo monarchico organizzato.
Una lacuna grave, a partire non solo dalle contestazioni
di parte sabauda sul risultato del Referendum sfavorevole alla Monarchia, ma
anche dall'ignorare qualche rara voce critica di parte repubblicana, col successivo
dipanarsi dall'attività organizzata del Partito Nazionale Monarchico di Alfredo
Covelli, del Partito Monarchico Popolare del Comandante Achille Lauro (1887 -
1982), fino al non breve tramonto nel P.D.I.- Partito Democratico Italiano e
infine nel P.D.I.U.M. - Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica che,
stentatamente, sopravviverà fino al 1972, con una sofferta confluenza nel
MSI-DN, il partito di Giorgio Almirante; Covelli ne sarà Presidente, con Gino
Birindelli, fino al 1976 anno della fuoriuscita della Destra Nazionale verso “Democrazia
Nazionale” con scarsa fortuna elettorale, ma con anticipatrice intuizione, come
ha ben dimostrato Giuseppe Parlato nel saggio La fiamma dimezzata (2017). Nel 1972, peraltro, si registrò una
scissione di dissidenti, che daranno vita al1`Alleanza Monarchica, ancora
operante con il vecchio simbolo di Stella e Corona.
Non meno grave la lacuna riguardante la storia del
movimentismo monarchico e particolarmente dell`attività in Sicilia, attesa
anche l'importanza del Partito Monarchico di “Stella e Corona” nella formazione
di tantissime Giunte locali e perfino nella partecipazione al Governo
Regionale, fino ai massimi vertici.
Ciò riguarderà anche la storia dell’U.M.I. - Unione
Monarchica Italiana (fondata dopo l”8 settembre 1943 e ufficialmente il 29 agosto
1944, con Presidente Tullio Benedetti) e della sua organizzazione giovanile: il
F.M.G. - Fronte Monarchico Giovanile, realtà che hanno radunato i monarchici di
tutti gli orientamenti ideologici e partitici (anche iscritti al gruppo
parlamentare del P.C.I., come capito al deputato monarchico siciliano
dell”A.R.S. Sergio Marullo, negli anni Cinquanta-Sessanta). Una sorta di
“lobby” politico-istituzionale che, al di là dell’effettiva incidenza nella
vita politica nazionale, arrivò a vedere iscritti al1'U.M.I. decine di deputati
e senatori, che usufruivano, anche oltre i confini dei partiti dichiaratamente monarchici,
dell`organizzazione e dei voti di una associazione che fu comunque sempre amata
ed apertamente sostenuta dall`ultimo Re d'Italia Umberto II (1904-1983 anno
della sua morte).
Abbiamo ritrovato sugli albori politico -
organizzativi dell’U.M.I., un denso libretto di un autorevole deputato del
prefascismo, il perugino Alfredo Misuri (1886 - 1951), dal titolo Con la Monarchia o verso la Repubblica?
(contributo alla chiarificazione),
ed. del Quadrivio Roma, 1945. Nazionalista, con breve parentesi fascista,
pronunciò nel 1924 uno dei pochi discorsi assai critici contro 1'imminente dittatura,
fondò “Patria e Libertà”, fu poi perseguitato fino al confino in Ustica. Dopo
la “Liberazione”, riprese un proprio ruolo, da vecchio monarchico e nazionalista
“per ragionamento”, tracciando lucidamente le linee politico culturali del
legittimismo sabaudo e sostenendo l’incongruenza e pericolosità di una scelta
repubblicana. Fu autore anche del libro Ad
bestias (1944), e fu Presidente dell`U.M.I. dall’ottobre 1944 al febbraio
1945.
L'appoggio all’U.M.I.-F.M.G., anche per il tramite
degli uffici del Ministro della Real Casa Falcone Lucifero, coinvolgeva la casata
dei Savoia per larga parte; mentre meno fattivo era il concreto sostegno
dell`aristocrazia italiana, specie dopo il Referendum, determinato anche dal
tramonto nella speranza di una restaurazione e dal trasbordo ideologico e/o
utilitaristico, dall'indifferentismo istituzionale quando addirittura,
scopertamente, nel convertirsi al fronte avverso repubblicano, di non pochi
nobili e notabili.
Più interessante, invece, la vicenda di moltissimi
ufficiali e militari di tutti i corpi, che decisero l'abbandono della carriera
militare, per fedeltà al Sovrano e alla Monarchia.
La caduta della Dinastia Sabauda avvenne in una notte
drammatica, sovvertendo i risultati - dicevano monarchici e militari fedeli del
Re - grazie alle famose “calcolatrici” del ministro Romita, che ne avrebbero
capovolto l’esito positivo a favore della Monarchia (nel centro Sud fu comunque
maggioritaria la scelta di voto per il Regno e va anche senz`altro ricordata la
visita trionfale in Sicilia e a Palermo nel 1946 di Umberto II con a lato il conservatore
cardinale Ernesto Ruffini), come del resto testimoniato, poche ore prima
dell'annuncio del risultato, in una lettera a Lucifero del 4 giugno 1946
scritta da De Gasperi, che si diceva certo della vittoria monarchica a quel
punto.
Va anche ricordato, che molti territori italiani come
Trieste e la Venezia Giulia, le Colonie ancora formalmente italiane, nonchè
migliaia di reduci imprigionati e/o dispersi all'estero e nei campi dei non
cooperatori, non poterono esprimere il loro voto. Sulla diaspora monarchica dei
militari dopo il referendum non esistono ancora studi scientifici e documentati
organici.
Il destino dei Savoia, dopo 85 anni di Regno d’Italia,
fece il paio con quello, analogo e drammatico, che nel 1861 colpì i Borbone Due
Sicilie e l`ultimo Re
Francesco II, costretto dopo la resistenza di Gaeta e
i Plebisciti illiberali all'esilio romano ospite del Pontefice Pio IX, il quale
costituì un Governo in esilio. Ancora più marcato fu l’agnosticismo e in alcuni
casi la chiara avversione all'U.M.I. dell`aristocrazia e del notabilato
pontificio (l'aristocrazia nera), malgrado la profonda fede cattolica sempre
coerentemente professata da Umberto II e sancita dai Patti Lateranensi del
1929.
Sull’associazionismo monarchico lo storico Domenico De
Napoli, prematuramente scomparso, pubblicherà nel 1980, a Napoli, una esemplare
ricerca, per i tipi di Loffredo Editore, Il
movimento monarchico in Italia dal 1946 al 1954 che resta, ad oggi, il più
completo ed esaustivo volume dedicato al monarchismo partitico italiano di quel
periodo. Le pagine di De Napoli sono di notevole interesse perchè colmano in
parte una già sottolineata e vistosa lacuna.
Pochi furono infatti precedenti testi monografici, a cominciare
dai volumi e opuscoli di Cesare Degli Occhi e Piero Operti, Il Partito Nazionale Monarchico (ed.
Nuova Accademia, Milano, 1958); Francesco Leoni, Storia del Movimento Monarchico (Roma, 1961); S. Setta, Il Partito Democratico Italiano (Roma,
1974); P. Pacifici, Nota introduttiva alla
raccolta di documenti sulla organizzazione dei movimenti monarchici, in AA.W.
La ricostruzione dei partiti democratici
1943-1948, a cura di C. Vallauri, (Roma, 1978); dello stesso D. De Napoli, Il movimento monarchico in Italia (Firenze,
1976); oltre ai contributi storico-dottrinali più dichiaratamente di parte
monarchica: Julius Evola, Note sulla
Monarchia e Citazioni sulla Monarchia
(Edizioni Thule, Palermo, 1972 e 1978); Falcone Lucifero, Il pensiero e l'azione del Re Umberto II dall'esilio (Ed. Mursia, Milano,
in più edizioni aggiornate a partire dal 1951), e ancora scritti e ricerche di Giovanni
Semerano, Vincenzo Stàltari, Nino Bolla, Niccolò Rodolico, Vittorio Prunas Tola,
Enrico Clerici, Franco Malnati e dei deputati Alfredo Covelli, Achille Lauro, Gianfranco
Alliata di Montereale, questi ultimi leader storici dei partiti monarchici. Vanno
inoltre aggiunti gli ottimi studi di Domenico Fisichella, Antonio Carioti,
Mario Bozzi Sentieri, Domenico Lo Iacono, Michelangelo Ingrassia, Giuseppe
Parlato (che è anche benemerito animatore dell`attività preziosa della Fondazione
Ugo Spirito di Roma, che possiede importanti Fondi Storico Documentari). Assai
importanti ancora gli apporti storici di Francesco Perfetti e da segnalare il
documentatissimo volume di Andrea Ungari, In
nome del Re. I monarchici dal 1943 al 1948 (Le Lettere, Firenze, 2004).
Anche la nostra Fondazione Thule Cultura, a Palermo,
ha istituito appositi Fondi Archivistici Storico-Documentari sui movimenti e
partiti della galassia monarchica, incrementati dalle varie Donazioni, fra cui significativa
da citare quelle provenienti da Adalpina Fabra Bignardelli, curatrice di un
ricco volume di storia e documenti anche inediti sulle carte del marito
Domenico Bignardelli (1918-2006), del mondo monarchico siciliano (Thule,
Palermo, 2013): Cronaca di partiti e
movimenti monarchici in Sicilia. Atti e Documenti 1946-1961 per scrivere la
storia raccolti da Domenico Bignardelli, con un mio saggio introduttivo,
che si ripropone, ampiamente rivisto e aggiornato, nel presente testo. Altri
fondi provengono da Alberto Maira e Nunzio Chiovaro. Pur trattando con
compiutezza del periodo 1946- 1954, De Napoli nel volume citato non trascurerà
la fase della riorganizzazione dei movimenti politici (1943-1946) con riguardo alle
numerose (e spesso inconsistenti) sigle della galassia monarchica: Partito d’Unione
di Alberto Consiglio e Rinaldo Taddei; il Centro Politico Italiano
dell'avvocato Carlo Francesco D'Agostino; il Movimento Monarchico Italiano
dell`avvocato Antonio Amici e di Giorgio Asinari di San Marzano; il Partito
Democratico Costituzionale di Alberto Pavoni; i Centri di Resistenza
Monarchica: Centro della Democrazia Italiana e il Fronte Patriottico Clandestino
dei generali Armellini e Bencivegna. E ancora il Centro Monarchico Italiano, il
Fronte Democratico, il Gruppo “Savoia”, il Blocco Monarchico Italiano, oltre i
numerosi movimenti, specie meridionali (come il Partito Monarchico Siciliano ed
il gruppo Monarchici del Sud di tinte borboniche), che pure avranno modo di
presentare candidati e liste, con scarse fortune, alle elezioni amministrative
che si susseguiranno dal 1943 al 1946 e in qualche caso negli anni successivi. La
parte centrale dell'indagine di De Napoli è costituita dall`analisi del referendum
istituzionale del 2 giugno 1946, dal ruolo dell`Unione Monarchica (fortemente
voluta, come detto, e concretamente sostenuta da Casa Savoia e dal Luogotenente
e poi Re Umberto Il) e dalle vicende del più consistente partito monarchico: il
Partito Democratico Italiano, sorto formalmente il 5 giugno 1944 dalla fusione
tra il Partito d'Unione, il Centro Democratico Italiano, l'Unione Democratica
Nazionale del Lavoro e il Partito Socialdemocratico. Come notò Enzo Selvaggi
(esponente storico dei Partiti Monarchici, in una delle molte testimonianze
rese direttamente a De Napoli insieme a quelli di altri qualificati esponenti
politici) «il P.D.I. era già sorto prima del 25 luglio 1943, ma inizia una
concreta attività dopo l'8 settembre, operando nel campo della lotta partigiana
e pubblicando sedici numeri clandestini del giornale “Italia Nuova”››. Oltre
Selvaggi, esponenti del partito, dalla fondazione, furono Roberto Lucifero,
Giovanni Engeli, Roberto Talli.
È anche quello della line degli anni Quaranta del
Novecento, il tempo dell`Uomo Qualunque,
movimento-partito fondato da Guglielmo Giannini, nato da un fortunato c omonimo
settimanale, sostanzialmente agnostico sul piano istituzionale, ma fruitore di una
Intesa Nazionale nel 1946 che si concretizzerà con la convergenza con le forze monarchiche
nel Patto di Ricostruzione.
Intanto il Partito Democratico Italiano, la Concentrazione
Nazionale Democratico Liberale e il Centro Democratico, favorevoli apertamente
all’Istituto Monarchico, partecipano nell`aprile 1946, sotto la sigla “Blocco Nazionale
della Libertà”, alle elezioni per l`Assemblea Costituente, e raccolgono 639.493
voti (2,9%) e 16 seggi. Fra gli eletti Alfredo Covelli, Roberto Bencivegna,
Alberto Bergamini, Enzo Selvaggi, Francesco Caroleo, Roberto Lucifero e Orazio Condorelli,
siciliano. Altre liste monarchiehe si presenteranno al voto: Movimento Democratico
Monarchico Rinnovatore, Alleanza Monarchica Italiana, Centro Politico Italiano che
raggranellarono circa 100.000 suffraggi.
Lo sforzo dell’U.M.I. e dell'arcipelago monarchico dei
partiti, non eviterà la
contestata sconfitta delle “calcolatrici di Romita” a favore
della Repubblica il 2 giugno 1946 e la dignitosa partenza per l'esilio senza ritorno
e per evitare la guerra civile di Umberto Il (sull`interpretazione dei “brogli”
di parte repubblicana vedere i ripetuti studi di Franco Malnati, Vittorio Prunas
Tola c Falcone Lucifero), che comunque mai ebbe a riconoscere la repubblica. Malgrado
l`esilio e la sconfitta Umberto II inviterà i monarchici, specie rivolgendosi all'U.M,I,
a ricercare il “bene comune" nel segno del motto che accompagnerà sempre il
Sovrano non abdicatario in esilio: l’Italia
innanzi tutto.
Nel 1947 la situazione dei maggiori partiti monarchici
è confusa e accanto a quelli già esistenti, sorgono il Partito Nazionale Monarchico,
il Partito Nazionale Cristiano e il Partito Nazionale del Lavoro (che rispecchiano
grosso modo rispettivamente la Destra, il Centro e la Sinistra non comunista).
Il 23 luglio 1947, a Roma, il P.N.M. - Partito Nazionale
Monarchico di Covelli, il più importante fra i partiti monarchici, nasce su basi
popolari ed avrà come programma la volontà di S.M. Umberto II, così espressa: Autogoverno di Popolo e Giustizia sociale.
Per Covelli la necessita di un partito e di un programma
visibilmente e chiara-
mente monarchico sarà sempre inderogabile stante, per usare
le parole del leader che «l'U.M.I. è il risultato di un equivoco dovuto ad un intollerabile
accomodamento delle coscienze (...) Se vuoi la Monarchia vota questa lista».
I risultati elettorali alla prima prova saranno incoraggianti:
primo posto conseguito a Bari e Catania, secondo a Napoli (con sindaco) a Palermo
ed a Benevento; del terzo a Salerno ed Avellino e del quinto a Roma e Livorno,
con un’organizzazione, specie nel centro meridione, che arriverà ai 40.000 aderenti!
De Napoli non manca di tralasciare le pagine assolutamente
frammentarie del «golpismo» legittimista degli anni Quaranta, ricostruendo con organicità
un altro aspetto storiografico e spesso confinato nella quasi inaccessibile, e forse
mai consultata scientificamente, pubblicista monarchica (Italia Nuova, Italia Monarchica,
Azione Monarchica) È giusto anche aggiungere e citare i volumi utili da
consultare di P.G. Murgia, Il vento del nord
(Milano, 1975) e di Sandro Attanasio, Gli
anni della rabbia. Sicilia 1943-1947 (Milano, 1984).
Il 18 aprile 1948 il P.N.M. assume un ruolo di convergenza,
perno di un Fronte anticomunista, presentando liste specie nel Meridione, per sconfiggere
il Fronte Popolare socialcomunista e ciò avviene in tacito accordo con la D.C..
Il P.N.M. otterrà 729.987 voti pari al 2,8% alla Camera e 14 deputati, fra cui Gianfranco
Alliata di Montereale e il fedelissimo del Re generale Antonino Cuttitta, siciliani;
Alfredo Covelli, Alberto Consiglio. Alla competizione, come ha documentato Francesco
Leoni, parteciparono altri partiti dichiaratamente monarchici con risibili risultati.
La D.C. di De Gasperi, anche grazie alla mobilitazione
della Chiesa e dei “Comitati Civici” di Luigi Gedda, ottenne la maggioranza assoluta
alla Camera e quella relativa al Senato. Il P.N.M. resterà comunque all`opposizione
pur cosciente, per dichiarazione di Covelli, di non rappresentare, elettoralmente,
la totalità dei monarchici che si espressero nel Referendum del 2 giugno 1946.
Dopo le elezioni entrò nel partito Achille Lauro, armatore,
per tutti il “Comandante”, forte di un radicamento popolare e poi elettorale nel
napoletano e dalle ingenti disponibilità economiche, risorse che non lesinerà certamente
mai ai partiti monarchici e a quelli successivi allo scioglimento del 1972-73.
Occorre anche sottolineare che il P.N.M. di Covelli poteva
vantare l`adesione di stimati uomini della cultura e della vita civile nazionale
fra le sue fila od anche aperti simpatizzanti: gli storici, scrittori e giornalisti
Rodolfo De Mattei, Giovanni Artieri, Nino Bolla, Lorenzo Giusso, Leo Magnino, Piero
Operti, Enzo Selvaggi, Alfredo Signoretti, Alberto Bergamini, Marino Bon Valsassina,
Giuseppe Attilio Fanelli, Ugo D’Andrea, Cesare Degli Occhi, Giovanni Guareschi,
Gioacchino Volpe, Aldo Salerno, gli Ambasciatori e uomini d'arme Carlo Delcroix,
Alessandro Lessona, Raffaele Guariglia, Raffaele Paolucci, Roberto Cantalupo, Giovanni
Galati, Paolo Puntoni, Paolo Thaon de Ravel.
Numerosi furono gli incontri di esponenti monarchici, anche
siciliani, con il Re Umberto prima del Referendum in Sicilia dove si ipotizzò una
corona siciliana per i Savoia e poi a Cascais in Portogallo, importanti per i riflessi
di questi nella vita dell’U.M.I. e sull`attività e la linea politica del P.N.M.,
e punteggiati da appositi messaggi sovrani. La sfera programmatica sviluppatasi
anche attraverso le Assemblee Nazionali dell'Unione Monarchica (uno dei relatori
sarà il filosofo cattolico Michele Federico Sciacca) e Congressi Nazionali del Partito
Nazionale Monarchico, attraverserà così le problematiche sociopolitiche interne
ed esterne, presenti in gran parte dei documenti finali e nelle mozioni approvate.
Assai interessante è il documento del P.N.M. approvato
dal Consiglio Nazionale a Napoli il 24-25 luglio 1949 dove, accanto ai richiami
al senso e all’autorità dello Stato, ai valori patriottici e risorgimentali, alla
rivendicazione unificante e moderatrice della Monarchia, si possono leggere riferimenti
favorevoli «al decentramento amministrativo» e sulle linee avanzate (a dispetto
d`ogni preconcetto elitista e di difesa del capitale) di politica sociale: «esiste
il diritto di ogni lavoratore di elevare la propria condizione di vita: la cosiddetta
questione sociale si racchiude nel problema di un`equa distribuzione della ricchezza».
Dal 18 a 20 dicembre 1949 si svolgerà a Roma il Congresso
Nazionale del P.N.M. con un saluto inaugurale affidato ad un messaggio di Umberto
II.
Intanto sorgono contrasti fra Lauro e Covelli, specie riguardo
all`atteggiamento da tenere con la D.C. e con il M.S.I. e sulla validità (contestata
da Covelli) da assegnare ai risultati del 2 giugno e di un certo lealismo nei confronti
delle nuove istituzioni da parte di Lauro, forte comunque di una forte spinta popolar-populista.
La fase di consolidamento viene affidata alla linea politica
detta dell'Opposizione Nazionale, che vorrebbe una più marcata e organica convergenza
del centro-destra (P.N.M., liberali del P.L.I., M.S.l.) e che ebbe fra i suoi esegeti
Giovanni Spadolini, futuro leader repubblicano nonchè Presidente del Consiglio,
con un articolo su “il Borghese” del 15 marzo 1950.
Di interesse principale è la posizione “altalenante” del
principe Gianfranco Alliata di Montereale nei confronti del partito e nella costante
rivendicazione della linea autonomistica della classe dirigente siciliana, fino
alla scissione del F.U.M. - Fronte d'Unità Monarchica del 1951, successivamente
rientrata nel 1952.
Si giunge così all’Operazione Sturzo del 1952 e all'azione,
che poi confermerà
nelle sue memorie Luigi Gedda, di un raccordo possibile
con la D.C. alle elezioni amministrative e non andato a buon fine, per causa della
sinistra democristiana e di parte della gerarchia cattolica già in posizione progressista,
fra la destra monarchica e missina e il mondo cattolico non di sinistra,
accordo ben visto peraltro da Pio XII.
Le intese fra P.N.M. e M.S.I. alle elezioni del 25 maggio
del 1952, fruttarono
comunque 1.795.000 voti. Il M.S.I. era allora guidato da
Augusto De Marsanich, con esponenti di primo piano Pino Romualdi, Gianni Roberti,
Giorgio Almirante, Filippo Anfuso.
Il periodo 1953-1954 è contrassegnato da una lunga resistenza
sulla “legge truffa” e sulla battaglia che il fronte monarchico con la destra missina,
ingaggeranno contro la D.C., fautrice di un premio di maggioranza per chi avesse
raggiunto il 50,01% dei voti con l'automatica assegnazione 65% dei seggi. La sconfitta
della «Camera prefabbricata», aprirà la strada al notevole successo del P.N.M. alle
elezioni politiche del 1953 con la conquista del 6,9% e di un 1.854.850 voti alla
Camera e 1.734.276 al Senato, con 40 deputati e 16 senatori (fra gli eletti, oltre
i citati leader, Alfredo De Marsico, Uberto Bonino, Stefano Cavaliere, Benedetto
Cottone, Carlo Delcroix, Giuseppe Menotti De Francesco, Ettore Viola di Ca’ Tasson,
Odo Spadazzi).
È da notare come la diaspora monarchica di uomini e sigle
in quell`occasione
venne riassorbita da un patto di azione politica con partiti
e movimenti minori:
Partito Nazionale Liberale Corporativo dell`ex segretario
P.L.1. Roberto Lucifero e di Antonio Cremisini, il Partito dei Contadini e il Partito
Rurale, il Partito dei Lavoratori Monarchici, il Movimento Popolare Monarchico di
Luigi Filippo Benedettini e con la Democrazia Nazionale dell’ex sindaco monarchico
di Palermo Gennaro Patricolo. Tale sigla verrà ripresa in occasione della scissione
dal M.S.I. – D.N. nel 1976 da esponenti missini quali Roberti, Nencioni, De Marzio,
Cerullo, Lorenzo Purpari, Gullo, Luigi Santangelo e Angelo Nicosia, nonchè dal nucleo
monarchico allora riunito, dopo la scomparsa del P.D.I.U.M., nei C.A.M. – Centri
Azione Monarchica, con Covelli, Lauro, Pazienza, Efisio Lippi Serra e i siciliani
Franco Sausa, Gaetano Politini, Paolino Di Stefano. Resteranno invece nel M.S.I.
– D.N. e formeranno il Fronte Popolare di Riscossa Monarchica, in un nucleo riunito
attorno al deputato e noto avvocato catanese Enzo Trantino, con esponenti nazionali
Ludovico Boetti Villanis, Domenico Andriola, Tommaso d’Aprile, Filippo Ortenzi,
Enzo Fragalà, Federico Locatelli, Gaetano Hardouin di Belmonte, l'editore Giovanni
Volpe e chi scrive.
La vittoria del 1953 rafforzerà l'asse esterno Lauro-Covelli
che, insistendo sulla «pacificazione nazionale» e sull’Alleanza Atlantica, ribadirà
la necessità di una «migliore distribuzione del reddito nazionale a favore delle
classi medie e proletarie» (18 giugno 1953, documento della giunta Esecutiva e dei
gruppi parlamentari PNM).
Ma il tentativo è anche quello di spingere verso il centro
destra soprattutto la
D.C., anche in occasione del governo centrista a guida
Dc Gasperi, che trova il fronte interno del gruppo Lauro con Gaetano Fiorentino,
Alfredo De Marsico, Orazio Condorelli, Raimondo
Milia e Raffaele Paolucci favorevoli all'astensione (anche sulla base di un significativo
pubblico appello parlamentare di De Gasperi), mentre il gruppo maggioritario del
partito con in testa Covelli, è deciso al voto contrario.
La stampa monarchica è il tal periodo forte di ben quattro
quotidiani fiancheggiatori: il «Roma» di Lauro diretto da Alfredo Signoretti, «Il
Mezzogiorno» di Napoli, «La Patria» di Milano, «Il Popolo di Roma», con una miriade
di altre testate locali, vicine al P.N.M., all'U.M.I. e alle formazioni minori.
Un ruolo di fondamentale orientamento, opinione e controinformazione
è svolto dall’indipendente settimanale «Candido» del monarchico, anticomunista e
notissimo scrittore e giornalista Giovannino Guareschi, l’indimenticabile autore
della serie di Don Camillo e Peppone.
Fiancheggiava il quotidiano romano «Il Tempo».
Sul successivo governo centrista “di transizione",
si registrerà invece il voto favorevole dei monarchici e la conseguente fiducia
parlamentare votata al governo, avendo Pella risposto “positivamente” alla Camera
ai quesiti posti dal leader monarchico Covelli. Voto favorevole, che andava inteso
come superamento, secondo il P.N.M., del quadripartito e che riuscì, in
effetti, anche a sbloccare a favore dell`Italia la situazione difficile di Trieste
e rifiutare le minacce di Tito.
Ma la situazione restò tuttavia precaria e malgrado l'accorta
insistenza del
segretario dell’U.M.I. Nino Guglielmi a Covelli perchè
«Pella resti», contro gli «uomini della sinistra democristiana che ci detestano»,
si arriverà (dopo il tentativo non riuscito di Fanfani), al governo del siciliano
Mario Scelba e ad un ulteriore tentativo di spaccatura del partito monarchico in
terza riedizione che era denominato Partito Democratico Italiano (1959).
È noto un biglietto (tratto dall'Archivio P,N.M. di Covelli,
ora ordinato dalla Camera dei Deputati, che ha dedicato un intero volume al leader
di Stella e Corona) del comunista Giancarlo Pajetta destinato a Covelli: «Caro Covelli,
sapevo che stavate organizzando il Gruppo Monarchico, ma che ci fosse il Gruppo
armatoriale, già ancorato su quei banchi, era ignoto ai più, ringrazia Cafiero di
avercene dato notizia. Cordialmente Pajetta››, con chiara allusione al Comandante
Lauro e al suo gruppo imprenditoriale e politico.
La situazione dell'U.M.I. e del partito di Stella e Corona
dopo i tentativi di accordo diretto anche con il P.L.I., resterà sostanzialmente
stagnante dal punto di vista politico. Nel 1953 per le elezioni l`indicazione di
voto dell’U.M.I. per il P.N.M. è però più esplicita.
La IV assemblea generale dell'U.M.l. (9-11 maggio 1954)
si aprirà con un significativo messaggio di Umberto Il e con la partecipazione ufficiale
di una larga e applaudita rappresentanza del P.N.M., del M.S.I., della D.C., del
P.S.D.I., dell’Azione Cattolica, dei Partigiani della Pace e del P.L.I., nonchè
del segretario confederale CISNAL Aldo Salerno (capo e ideologo dell`ala più sociale
dei monarchici, cfr. a proposito gli studi di Vincenzo Staltari esaustivi sul personaggio,
pubblicati negli anni Ottanta dall'Istituto Teano di Cultura di Verona). Il congresso
dell'U.M.l. ribadirà la necessità della restaurazione della Monarchia considerato
anche che «l`attuale regime si è dimostrato incapace».
Vengono confermati Paolucci (presidente) e Guglielmi (segretario),
con in Consiglio Nazionale rappresentanti delle varie anime politiche partitiche
e culturali del monarchismo fra cui: Cesare Boccella Ducloz, Giuseppe Cerami (siciliano)
Ugo D`Andrea, Salvatore Leone De Castris, Carlo Delcroix, Alessandro Monti della
Corte (scrittore e teorico del legittimismo monarchico-tradizionalista), Vittorio
Prunas Tola, Guido Russo Perez (siciliano), Aldo Salerno, Ettore Viola; Vice Presidenti
saranno Giovanni Capasso Torre, Stefano Reggio d'Aci, Giorgio di Vistarino, Giulio
Del Lupo, Ludovico Spada Potenzani e l`avvocato Guido Cavallucci (direttore della
rivista dottrinale “Monarchia”, che ebbe illustri collaboratori fra cui Julius Evola).
Al congresso viene approvato anche un ordine del giorno
di viva solidarietà a
Giovannino Guareschi, arrestato ingiustamente.
Sulla vicenda della Comunità Europea di Difesa (C.E.D.)
si registrano invece
forti divergenze fra Lauro e Covelli. Tale situazione porterà, nel giugno 1954, alla scissione laurina
con la creazione del Partito Monarchico Popolare e alle relative, immancabili polemiche
col P.N.M. di Covelli.
La data del 2 giugno l954 è come «l`inizio della parabola
discendente» del movimento leggittimista sabaudo derivata da «contraddizioni e carenze»
e da una equidistanza del Re rispetto alle varie fazioni partitiche.
Malgrado la presenza e l'opera di monarchici illustri sulla
scena culturale come Volpe, Rodolico, Moscati, Ghisalberti, Rodolfo De Mattei, Goffredo
Pistoni, Ettore Paratore, e ancora Evola, Monti della Corte, Remo Renato Petitto,
Mario Pucci, Nino Serventi, Mario Viana, Ernesto Frattini, Giovanni Artieri, Mario
Attilio Levi, Pietro Gerbore, Attilio Mordini, Nino Guglielmi autore di un
“Manifesto ai Monarchici”, fino ai più giovani Romeo Castiglione, Fabio
Torriero, Aldo A. Mola, Massimo de Leonardi, Alessandro Mella, Francesco
Maurizio Di Giovine, il tentativo di chiarificazione ideologica fra le anime risorgimentaliste
liberali e tradizionaliste restò, come «una frattura tra cultura e politica», da
un lato non stimolando «alcun serio approfondimento del fenomeno risorgimentale,
limitandosi ad un'esaltazione oleografica e commemorativa troppo superficiale per
potere costruire il fondamento sulla quale innestare una battaglia politica. Altrettanto
inconsistente è la scelta tradizionalista: la tematica maurrassiana è troppo legata
al pensiero e alla stona francese per potere essere riproposta in blocco, e problemi
non meno complessi li pone la riscoperta del pensiero controrivoluzionario italiano:
Mentre il primo tentativo lascia tracce assai labili, il secondo, iniziato timidamente
in questi anni, avrà sviluppo successivo, tanto da essere strumentalizzato in maniera
non corretta da certa storiografia «antiunitaria», come scriveva De Napoli. Basti
citare l’evoliano “Monarchia necessaria” (il Borghese, 24 ottobre 1968) per sottolineare
che il declino della idea monarchica «è andata essenzialmente di pari passo con
il materialismo e l’apatia della società moderna di massa», mentre il ritorno alla
Monarchia «potrebbe avere una influenza rettificatrice sul piano politico nazionale»,
a condizione però di un mutamento di clima. La fede e la ragione, auspicata da Enzo
Selvaggi per con una discreta, e in certi casi ottima, presenza di personalità dichiaratamente
monarchiche, stenterà a concretizzarsi efficacemente, specie sul piano di una «risposta
omogenea ai problemi della società italiana» e al «ruolo subalterno spesso svolto
a favore della Democrazia Cristiana» dai monarchici organizzati in partito, nonchè
per il monotono rimarcare una identità liberale che il P.LI mai vorrà sancire in
unità, malgrado i ripetuti appelli dei monarchici.
Tuttavia, va notato come il P.N.M. sia stato «il maggior
polo di attrazione del movimento monarchico e che fino al 1954 rappresenti il più
valido strumento della battaglia istituzionale. In effetti esso riuscì a
coagulare intorno al simbolo “Stella e Corona” importanti masse meridionali, trasformando
la loro scelta emotiva in un fenomeno politico significativo al punto da determinare
nel 1952- 53 la rettifica, anche se tattica, dell’intransigenza repubblicana della
Democrazia Cristiana», come noterà ancora De Napoli.
Avendo, per grandi linee, ripercorso la parabola dei Monarchici
in tempo di Repubblica, dicevamo dell’importanza del Partito Monarchico in un decennio
cruciale, sono assai utile per tracciare una linea ricostruttiva assente, o peggio,
legata a luoghi comuni dei pochi che hanno scritto su tale partito e sui movimenti
di dichiarata fedeltà monarchica Diremo ancora, non solo della fedeltà alla dinastia
Sabauda ma all’Istituto in quanto tale (specie da parte di teorici quali Alessandro
Augusto Monti della Corte, Attilio Mordini, Luigi Athos Sottile d’Alfano, Julius
Evola) e alla monarchia cattolica (Carlo Francesco D’Agostino) e all’Idea di
Impero (Clerici). Va rilevata, inoltre, la fervida azione di Sergio Boschiero
(1936-2015), storico esponente del Fronte Monarchico Giovanile (in cui si formò
l’attuale Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani) e dell’UMI, ora
presieduta da Alessandro Sacchi.
Un ruolo di indirizzo, politico e istituzionale, è
svolto dalla Consulta dei Senatori del Regno voluta dal Re Umberto II nel 1953.
Attualmente a fronte di due linee legittimiste dei Principi di Casa Savoia
(Vittorio Emanuele e Amedeo Savoia – Aosta) che si proclamano ambedue
Pretendenti al trono, anche la Consulta si è divisa in due rami, come del resto
le organizzazioni politiche che si richiamano esplicitamente ai Savoia.
Non va però taciuto che l’Idea monarchica ha
registrato un ritorno di interesse con il revisionismo sul Risorgimento e sul
fondamento della più ampia visione metapolitica della regalità.
Attive, con i loro Ordini cavallereschi, dagli anni Settanta
in poi, sono molte Case Reali eredi di Sovrani preunitari. Lo stesso Pontefice
è sovrano (assoluto) dello Stato della Città del Vaticano e a Roma opera, come
stato e con extraterritorialità, il Sovrano Militare Ordine di Malta con il Gran
Maestro o, in assenza, con un Luogotenente, che è a tutti gli effetti un
Sovrano elettivo, come il Papa.
Certo la figura adamantina di Re Umberto II, il suo essere
sovrano non abdicatario che mai riconobbe la Repubblica nata nel sangue (titolo
di un libro di Carlo Antonio dal Papa), la sua alta funzione di equilibrio e moderazione,
senza cedere sul piano della legittimità e sempre cosciente di essere un cattolico
praticante, gli attirarono simpatie e un fiume ininterrotto di italiani in visita
a Cascais o a Nizza (come ben capito a chi scrive), nonchè ampi consensi umani,
fino alla morte.
Tuttavia è profondamente errato richiudere le vicende dei
monarchici nel recinto dello sterile nostalgismo in periodo postmonarchico, in Italia
e per l’attività svolta in Sicilia. Ed è al pari fuorviante, soprattutto rispetto
all`ampio radicamento e consenso popolare ottenuto dai partiti monarchici nel Sud,
ridurre l'azione politica di questi esponenti a mera «difesa dei privilegi delle
classi abbienti» o dando luogo «a fenomeni, degenerativi del sistema democratico,
come il laurismo» caratterizzato da «nullismo programmatico›› o peggio, della contiguità
con la mafia (cfr. i saggi di Romolo Menighetti e Franco Nicastro, peraltro studiosi
assai documentati sui temi cruciali della storia dell'Autonomia in Sicilia).
Se, come si può adesso evincere dagli elenchi di dirigenti
del Partito in Sicilia,
un buon numero di questi era di origine aristocratica e/o
latifondista, moltissimi altri provengono dalle professioni, dalla media borghesia
e dai ceti popolari e, come la “burocrazia” delle missive dei rendiconti organizzativi
e delle circolari dimostra, nella sequenza dei documenti miracolosamente scampati
alla distruzione, anche in posizione dirigenziale e ai vertici, grazie al suffragio popolare e politico.
Covelli stesso, leader di Stella e Corona, era un professore
borghese della provincia di Avellino.
Va ribadito ancora che nel Referendum Istituzionale del
2 giugno 1946 in 8 regioni la Monarchia risultò maggioritaria (Lazio, Abruzzo e
Molise, Campania, Puglia, Lucania, Calabria, Sardegna e in Sicilia con il 67% dei
suffragi: 72,9 a Catania, del 77,2 a Messina e del 73% a Palermo).
Nel 1958 la scissione di Lauro con la creazione del Partito
Monarchico Popolare vide due liste monarchiche contrapposte, con questi risultati,
percentuali: Partito Monarchico Popolare 2,6 %, Partito Nazionale Monarchico 2,2%
per un totale di 13 deputati. Nel 1963 il nuovo partito unito dei monarchici italiani
il P.D.I.U,M., totalizzò l’1.7 % dei voti.
Nel 1968 saranno eletti solo 6 deputati e 2 senatori fra
cui il noto generale Giovanni De Lorenzo, sciogliendosi come detto il partito nel
1972.
Per ciò che riguarda la Sicilia i risultati elettorali
l'Assemblea Regionale Siciliana diedero nel tempo i seguenti esiti: 1947 con 185.669
voti 9,53 % 9 seggi; 1951 voti 177.533, 8,3 %, 6 seggi, con un’altra lista presente
denominata Blocco Liberale Monarchico che conquistò 18.222 voti, 0,9 % e 1 seggio.
Nel 1955 i voti furono 295.745, 12,7 %, 8 seggi, fu eletto Presidente Franco Restivo,
con in Giunta i monarchici. Nel 1959 - il 7 giugno - i monarchici conquistarono
115.296 voti pari al 4,7 % e 3 seggi: fu questa la legislatura del milazzismo (Presidente Silvio Milazzo), che
vide insieme in Giunta regionale i dissidenti del PCI, della DC, nonchè missini
e monarchici nella storica prima giunta presieduta appunto da Silvio Milazzo e la
cui storia è la più nota per la determinante partecipazione appunto dei monarchici
e che si ripetè con la seconda e terza giunta Milazzo e con il governo del nobile
catanese e monarchico Benedetto Majorana della Nicchiara (1960-1961), che diventerà
Senatore del M.S .I.-D.N. nel 1972.
Nel 1963, il PDIUM raggranellerà appena in Sicilia, 32.731
voti, l'1,4 % e 2 seggi. Migliora con 45.045 il risultato elettorale del 1967 che
porterà in avanti la percentuale al1'1,9 % sempre con la conquista di 2 seggi. Il
1971, per poco scarto con 28.746 voti e l’1,2 vedrà la scomparsa da Sala d Ercole
del PDIUM che mancherà l'unico seggio, pei l’uscente e adamantina figura fedele
dell’On. Paolino Di Stefano. Candidato del P.D.I.U.M. a Palermo fu anche il giornalista
martire della violenza mafiosa, Mario Francese. Le cifre dei consensi conseguiti
dai monarchici nella capitale dell’Isola, Palermo, riguardanti il Consiglio Comunale,
sono anch’esse interessanti e indicativi: dal 1946 con il 19,8%, al clamoroso 31,4
e 50.875 voti del 1947, ai 40.113 e 18,8% del 1948 con una tenuta nel 1951 di 33.169
e 19.217 e nel 1952, 38.168 voti e 17,29% di voti.
Le aride cifre testimoniano anche che i monarchici organizzati
in partito ebbero comunque un ruolo. E, ancora, in Sicilia il ruolo fu determinante
in piu occasioni.
Ma il declino maturatosi negli anni Sessanta del secolo
scorso fu costante e irreversibile, fino alla scomparsa di un partito dichiaratamente
monarchico presente nel Parlamento all’Assemblea Regionale e nei Comuni e Province
in Sicilia, come nel resto d'Italia, malgrado qualche lista qui e la presentata
nel tempo successivo, con magri risultati elettorali (l’ultima di Stella e Corona,
per le comunali di Palermo, nel 1985).
Va ancora ricordata l’azione del mondo giovanile del partito
monarchico sotto
la sigla Gioventù Monarchica Italiana, che si costituì
con il suo I Congresso romano nel 1949, guidata da Renato Ambrosi de Magistris,
poi da Domenico Giglio, Nunzio Caroleo, Luciano Lo Re, Antonio Paternò di Roccaromana,
Carmelo Marino, Pasquale Rocco. Paternò fece conquistare al Gruppo Universitario
Monarchico siciliano negli Atenei di Catania (14 seggi) Palermo e Messina notevoli
risultati fra il 1956 e il 1963.
Va detto ora del ruolo che il Principe Gianfranco Alliata
di Montereale, autentico protagonista della vita monarchica siciliana e nazionale
(tre volte deputato nazionale fino al 1963, deputato regionale siciliano e consigliere
comunale a Palermo e a Bologna), singolare e assai discusso, più volte accusato
di usare e ispirare il separatismo siciliano e perfino di mandante per la strage
di Portella, cosa che Egli sempre con forza negò, anche nelle sue memorie. Alliata
continuò a fare politica in modo spesso estemporaneo dopo la fine del Partito Monarchico,
fondando vari gruppi e gruppuscoli (dalla Socialdemocrazia Europea al Partito Monarchico
Siciliano), di scarsa rilevanza. Molto piu importante fu invece l’attività, iniziata
con Vittorio Emanuele Orlando, dell’Accademia del Mediterraneo e dei rapporti, specie
con la classe politica e l`intellettualità di Malta dove si era rifugiato a causa
di accuse di stragismo, di connivenza con la mafia, di golpismo e piduismo massonico,
negli ultimi anni di vita.
Alliata di Montereale narrò la sua burrascosa esistenza
(dilapidò fra l`altro un
patrimonio economico familiare consistente), in un libro
assai interessante quanto poco noto: Esperienze
di un Italiano. Avventure e polemiche, di circa trecento pagine, edito dall’editore
Adriano Gallina di Napoli nel 1990.
Accanto alla figura di Alliata (e a quella da ricordare
del Colonnello Filippo Aquila che rappresentava inizialmente c ufficiosamente Casa
Savoia) troveremo ricorrenti i nomi di protagonisti e comprimari di quella awentura
politica: Francesco Beneventano della Corte, Emanuele Alesi, Giovanni Genna, Annibale
Bianco, Giacomo Cusumano Geloso, Domenico Arcudi, Paolo Lombardo di Cumia, Pietro
Castiglia, Giuseppe Cerami, Tommaso Leone Marchesano, Pietro Sgadari di Lo Monaco,
Stefano Lanza di Mirto, Ignazio Calandrino, Francesco Trafficante, Sergio Marullo,
Giuseppe Lanza di Mazzarino, Napoleone Ardizzone, Ferdinando Hardouin di Belmonte,
Giuseppe Romano Battaglia, Giovan Battista Oddo Ancona (più volte assessore e vice
sindaco di Palermo, che con Thule pubblicò le sue memorie e considerazioni storico
- politiche: L'ultimo vincitore nella latta
politica in Italia, 1989), Cosma Acampora, Salvatore Ponte, Ernesto Pivetti,
Marcello Italo Leto, Salvatore Barberi, Paolo Camassa, Trento Corselli, Antonino
Sorci, Giacomo Teghini, Lucia Artale, Giovan Battista Valenza, Nello Pogliese con
i giovani d`allora Antonino Schifaudo, Michele Megale, Ernesto Di Fresco, Paolino
Di Stefano, Franco D’Appolito, Francesco Aronadio, Vittorio Emanuele Miranda, Filippo
Marotta Rizzo di S.Agata, Nunzio Chiovaro, Pippo Genovese, Salvatore Portanova e
l'attivista, fedelissimo per antonomasia, il cav. Andrea Ingrassia, detto il “bidello
buono”. Fra i più giovani dirigenti del PDIUM: Giuseppe De Stefani, Giacomo
D’Orsa, Gaetano Festa, Salvatore Savoia.
Comunque la si voglia giudicare, quella monarchica fu una
battagliera classe dirigente, una generazione di siciliani che resteranno in gran
parte fedeli all'Ideale monarchico, anche militando successivamente in altri partiti
(D.C., M.S.I., P.L.I. ecc.), spesso provati dagli scontri con i comunisti e perfino
dalle galere, oggi totalmente dimenticati e/o rimossi.
Sarà anche importante consultare lo sfoglio attento dei
giornali monarchici nazionali come “Italia Nuova” di Enzo Selvaggi, “Tribuna
Politica” di Sausa e Del Papa; “Monarchia Oggi” di Sergio Boschiero; “FERT”
fondata da Mario Pucci; “Tribuna Monarchica” di Orio Valdonio; “Nuova Azione”
di Mario Miale; numerosi i fogli siciliani diretti da Alliata quali “Fermento” e
“Sicilia Monarchica”; nonchè a Catania i quotidiani “Il Giornale dell'Isola” (attivo
fino al 31 marzo 1955) e “L’Isola” (1955-1956). A Palermo nel 1946 fu pubblicato
il quotidiano “Corriere Espresso” diretto da Renzo Mazzone, a cui collaborò lo stimato
scrittore Nino Aquila.
Una piccola curiosità: su “Sicilia Monarchica”, scrisse
anche Giacinto Militello, poi noto sociologo di area socialista, di cui abbiamo
rintracciato appunto un articolo “Piccolo Teatro e scene al servizio della Cultura
Popolare” (31 maggio 1955).
Per concludere, diremo che l’apporto sensibile che questi
fatti forniscono al rilancio e alla ricostruzione della storia siciliana dopo la
guerra, da parte dei monarchici, specie riguardo il campo agricolo e artigianale,
non fu per nulla residuale ed «anzi per l’appoggio che nel decennio in via diretta
e indiretta diede ai vari governi regionali ha il merito di avere consentito la
realizzazione di una politica che è risultata di indiscussa positività per la Sicilia»
(Dino Grammatico, L'Autonomia Siciliana nel
decennio 1947-57, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006).
Anche in Sicilia Stella e Corona tentò di attuare una ferma
linea autonomistica
(lo Statuto Siciliano nel 1946 fu firmato e promulgato
dal Re Umberto II), nel solco di una fedeltà ai valori tradizionali e nella consapevolezza
di uno sviluppo necessario, nell'equilibrio perenne che venne indicato fra conservazione
e innovazione, per la ricerca della possibile e auspicata fusione fra le diverse
componenti storiche e culturali della comunità, nell’orizzonte di una politica anticomunista
moderata e di destra.
Certo, non sempre riuscendovi, specie nella attuazione
degli assunti programmatici, a causa anche dei rivolgimenti elettorali, nonchè per
una forte litigiosità interna, che culminerà in una lenta diaspora verso il M.S.I.,
la D.C. e il P.L.I. negli anni Sessanta.
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